martedì 31 dicembre 2013

UN’ AGENDA 2014 DI AUGURI PER LA PIANA


di Bruno Demasi

    Se ci volgessimo indietro, tra soddisfazioni e rimpianti, non la finiremmo più di spaccare il capello a quattro per analizzare il 2013. Dunque ringraziamo Iddio di quanto ci ha dato e, senza eccessive pretese, volgiamo subito lo sguardo disincantato a quanto occorre, o occorrerebbe, iniziare a fare nel 2014 in questa Piana più che mai stanca di sacrifici, soprusi, infamie e inadempienze di ogni genere, ma più che mai desiderosa di alzare ancora una volta lo sguardo per andare avanti, più che mai capace di ripartire da zero sull’esempio dei padri, che non si stancarono molte volte  di ...ricominciare daccapo...

SUL FRONTE CIVILE E CULTURALE:

 
   La sacralità delle istituzioni ,spesso ormai ridicolizzata in questi nostri paesi, deve rotrovare una propria dimensione condivisa. E la Scuola, la formazione alla Cittadinanza possono fare molto in questo settore, senza ricorrere a facili deleghe ad improbabili agenzie “esterne” oppure riducendo tutto il lavoro, che dev’essere quotidiano, silenzioso e paziente, a facili ed estemporanee occasioni-monstre, a tasnti convegni ed eventi dispendiosi e inutili, magari davanti a televisioni e a giornali che ne amplificano spesso solo le cornici dorate e vuote. Comuni, Provincia, Regione, Scuola non devono restare sterili involucri del nulla o, peggio, esempi di inadempienza e, in qualche caso, di malaffare. Per i nostri paesi essI rappresentano lo Stato, sono lo Stato. Quell’entità astratta di cui a volte si lamenta l’assenza,ma di cui si disconosce la reale capillarità esistente sul territorio. Per lo meno formalmente...!

SUL FRONTE SOCIALE:


    E’ il fronte più caldo ed esplosivo sul quale si agitano ormai mille tensioni, mille paure, mille delusioni, mille mancate occasioni di sviluppo e di riscatto. E’ il fronte che vede ancora una volta e un po’ dovunque persone o gruppi che si contrappongono violentemente, etnie ormai senza identità ( compresa la nostra) che si fronteggiano sordamente anche nei nostri paesi, il dilagante analfabetismo di ritorno, la ripresa massiccia dell’emigrazione, la paura del domani. E’ il fronte sul quale più che mai pesano la disoccupazione, che ha tassi altissimi, e la mancanza di formazione professionale: una piaga che nessun governo regionale calabrese, compreso quello attuale, ha mai colpevolmente tentato di curare...pur spendendo e spandendo tanto denaro pubblico...

SUL FRONTE RELIGIOSO:


      La proclamazione dell”Anno della Carità”, aperto da qualche settimana sulla Piana, come ho avuto modo di riflettere e sottolineare qualche post fa su questo stesso blog, di per sè non è nulla se non è accompagnata dalla volontà ferma della Chiesa locale ( vale a dire da tutti noi) di essere appunto Chiesa. Come si può uscire dai gusci impermeabili dell’egoismo, della superbia, del settarismo ( anche in campo ecclesiale...), dell’individualismo sfrenato, se non si fa tutti un passo avanti per demolire le barriere alzate in tanti anni di agnosticismo o di clericalismo strisciante anche nella nostra diocesi? Come si possono superare divisioni e limiti, malgrado gli sforzi a livello pastorale e programmatico , se la parrocchia non torna ad essere sul serio segno e culla del mandato di Cristo: “..predicate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date ”(Mt.10,7-8). E come si fa a credere in questo mandato se ancora in molti ( anche in ambienti ecclesiali) si ride di sufficienza dinanzi a queste parole evangeliche, ritenendole soltanto “ simboliche” o metaforiche?

SUL FRONTE AMBIENTALE E PRODUTTIVO:


     Ritornerà la Piana ad essere culla e paradiso di agricoltura di pregio e di abbondanza? Ritorneremo a vedere e a far fruttare centinaia di migliaia di ettari di uliveti e di aranceti ormai in rovina per una dissennata e criminale politica che ha depauperato le nostre ricchezze, ma anche – diciamolo – per la carenza di voglia e volontà delle nuove generazioni di “venerare” quella terra che ha sfamato centinaia di generazioni in passato?
   E vedremo mai rispettato fino in fondo il nostro patrimonio boschivo ( o quel che ne resta) o la nascita di quell’indotto chne avrebbe dovuto evitare la dimensione di cattedrale nel deserto dell’attuale porto di Gioia Tauro?

SUL FRONTE ETICO:

    Un fronte, questo, nella Piana di Gioia Tauro, ormai tutto da ricostruire. Fin dalle remote fondamenta!


BUON 2014 A TUTTI!

mercoledì 25 dicembre 2013

BUON NATALE, PIANA!!!

              (di Michele Scozzarra e Bruno Demasi)


      Mai nel secondo  dopoguerra la piana di Gioia Tauro,  è sembrata   socialmente sfibrata, come in questo tempo di crollo di entusiasmi e di valori, ma anche di crisi economica: non solo sembra essersi abbattuto su di noi un disastro  finanziario di cui non abbiamo colpe, ma pare che non si veda e neanche si cerchi   una via d'uscita.
     Al di là dell'accusata inefficienza dello Stato e delle istituzioni locali ,  per trovare la strada giusta per fare riemergere questi paesi, ridotti ormai pressochè a colonia di chi produce altrove, per uscire  da questo ormai lungo e deleterio periodo di grave difficoltà, sono da impedimento un’atavica coltre di paura, un vago sentimento di inferiorità e  certamente l’incapacità o quasi di relazionarsi sul serio con le realtà produttive e politiche europee.
      Sembra quasi che anche  la speranza abbia raggiunto, in questi mesi, il massimo del suo  impoverimento, specialmente dalle nostre parti, dove un’economia di sopravvivenza, cui siamo da secoli abituati, la saldezza, nonostante tutto, dei legami familiari, attenuano almeno  quel senso di vuoto e di  fragilità che magari si respira altrove e ci inducono spesso a rifugiarci nelle tradizioni antiche, anche a livello ecclesiale, in quelli che a torto forse vengono bollati come devozionismi di maniera.
       In effetti, accanto ai dilemmi economici e sociali, c’è anche la difficoltà vecchia e nuova di ricostruire e indossare un’identità cristiana vera. "Non chiudiamoci nel nostro Natale" recitava un serioso manifesto  visto sui muri di una città qualche tempo  addietro. Come se il problema  fosse  solo di un giorno o due all’anno e,passate le feste, ci si potesse dileguare  nell’anonimato spicciolo  dei  nostri paesi .
      Che cosa maledettamente complicata, la fede cristiana, penseranno in tanti. E che strana gente hanno incontrato quei pastori, quelle persone semplici in cerca di Cristo... sembra gente "auto-occupata" in attività e discorsi che non hanno nessi reali con la vita normale. "Professionisti dell'entusiasmo" (Come annotava Pavese nel suo diario: "la più nauseante delle insincerità"). Difficile dar loro torto. D'altronde è la medesima impressione che ha manifestato, tempo addietro, l’allora cardinale Ratzinger: "E' diffusa oggi qua e là, anche in ambienti ecclesiastici elevati, l'idea che una persona sia tanto più cristiana quanto più impegnata in attività ecclesiali. Si spinge ad una specie di terapia ecclesiastica del darsi da fare. A ciascuno si cerca di assegnare un comitato, o in ogni caso, almeno un qualche impegno all'interno della Chiesa. In qualche modo così si pensa, ci deve sempre essere un'attività ecclesiale, si deve parlare della Chiesa o si deve fare qualcosa per essa o in essa... E' un pò una perversione dei fattori umani e crea quell'autoccupazione della Chiesa con se stessa, che non è più disponibile alla testimonianza".
      Una volta chi si riaccostava alla Chiesa, dopo mesi o anni di latitanza, percepiva un messaggio semplice e chiaro. C'erano i dieci comandamenti da rispettare, e soprattutto un confessionale che dispensava il perdono anche ai peccatori più incalliti. Per il resto il battesimo e la partecipazione al precetto festivo abilitavano anche la povera casalinga con la quinta elementare ad essere membro a pieno titolo della comunità cristiana. E se un cristiano molto incoerente del V secolo fosse entrato in una chiesa, sicuramente non sabbe stato  bombardato da una lista astratta e complicata di cose da fare, ben altro accento di speranza avrebbe percepito nelle parole di Leone Magno: "Il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci! Non c'è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita... Nessuno è escluso da questa felicità... Esulti il santo perché si avvicina al premio; gioisca il peccatore perché gli è offerto il perdono; riprenda coraggio il pagano perché è chiamato alla vita".
     Fu tutto più semplice per i nostri avi che hanno vissuto di stenti su queste contrade, come tutto fu più semplice anche per  quei poveri pastori della Palestina. Nessuno  chiese loro di essere più buoni. Di impegnarsi di più. Di ripetere discorsi. Si imbatterono, mentre erano dediti alla loro normale occupazione, in una presenza straordinaria, ma umanissima: una ragazza aveva dato alla luce un bambino. C'era solo da andare a vedere. Tutti quanti... nessuno escluso! 
      E tutti quanti, nessuno escluso anche qui, in questa Piana che di notte assume spesso l’aspetto di una landa desolata e fredda, possiamo affacciarci a quella piccola grotta per scaldarci il cuore ...ma anche per aprirci la mente e  dirci con  maggiore convinzione...
                                  Buon Natale…!

sabato 21 dicembre 2013

ALESSANDRO OCELLO: QUANDO LA PASSIONE PER LA MUSICA DIVENTA ARTE



La Ghironda,
esempio dell'arte liutaria antica,
ma sempre nuova,
nella Piana di Gioia Tauro


di Michele Scozzarra
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     L’avere conosciuto l’amico Alessandro Ocello, non solo come serio professionista che opera nella nostra Galatro, ma come cultore di un’arte musicale che non solo esegue, ma produce la musica, attraverso la creazione degli strumenti musicali, originali e particolari come la ghironda,(Il video riprodotto qui ne dà almeno un piccolo assaggio) mi ha permesso di approfondire la conoscenza di una realtà culturale e musicale “nuova”.
       Dalle parole di Alessandro s’intuisce come, alla musica intesa anche come una tra le più alte espressioni dell’arte di realizzare gli strumenti, si può guardare non soltanto come “voraci” consumatori di un prodotto che è immesso sul mercato solo al fine di fare soldi, ma come una parte delle attività umane cui è ancora riconosciuta una possibilità creativa, culturale, artistica.
        Nella realizzazione di uno strumento come la ghironda (oggi in pratica sconosciuto a molti) Alessandro ci mette tutta la sua passione per la musica, come un qualcosa che penetra nella storia del nostro ambiente, della nostra terra
      Oggi è in atto, in molte delle nostre comunità, non solo calabresi, una scoperta di tutta una tradizione musicale con cui la gente ha espresso nei secoli, ed esprime ancora, la sua fede, la sua cultura, la sua fatica, la sua sofferenza. Voglio pensare, soprattutto, visto il richiamo che Alessandro fa al bel suono ipnotico e misterioso della ghironda, a quei canti e musiche, a tutte quelle espressioni artistiche e musicali che, pur nate in tempi di povertà e di fatica, esprimevano una fiducia e una speranza nel loro futuro, talvolta “contro ogni speranza”.
      Questo tipo di musica è nata, innanzitutto dalle esperienze più autenticamente “popolari” dei nostri paesi, il più delle volte non prestando particolare importanza al fatto se l’opera (o lo strumento musicale in sé!) era stata creata dall’abile quanto anonimo musicista artigiano, oppure dal musicista di gran fama.
         Dalle parole di Alessandro emerge come l’unica “arte” commovente è quella che dal cuore dell’uomo viene depositata in suoni, trascritti con un linguaggio che l’uomo ha inventato così come la poesia, la pittura, la scultura e altre modalità per lasciare una traccia dei momenti di verità della propria vita. C’è chi lo fa attraverso le parole, c’è chi lo fa attraverso i segni, c’è chi lo fa attraverso la creazione degli strumenti e dei suoni… così come sta facendo Alessandro… che lo sta facendo veramente bene e con bravura, competenza e passione, come lui stesso ci racconta.

Che cosa ti ha spinto alla passione per la realizzazione di questi particolari strumenti musicali?
       Diciamo che ho avuto sempre una vena artistica, sono sempre stato bravo a disegnare sin da piccolo, poi crescendo mi sono interessato a tante cose che mi hanno dato tanti stimoli. Da autodidatta ho scoperto la musica e mi sono appassionato alle chitarre. All’inizio le smontavo, le modificavo e le riverniciavo.
      La prima volta che mi sono cimentato nella costruzione, mi misi in testa di replicare uno strumento che vidi in una fotografia, sono partito con delle tavole che avevo a casa, proprio per questa mia mania di realizzare qualcosa di estroso e singolare. Diciamo che la spinta è venuta da sé, nel cercare di migliorare le tecniche, nella curiosità di scoprire le cose, nell’inseguire una perfezione irraggiungibile. Ho fatto tutto da autodidatta, così per gioco, mai potevo pensare di riuscire a costruire un giorno una ghironda.

A volere guardare bene i tuoi pezzi sembrano usciti da una bottega d’arte, eppure tu continui a parlare di autodidatta…
      Molti mi fanno i complimenti nel vedere gli strumenti, altri mi danno del “geniale”, ma io non la vedo così. Per me il genio non esiste. Io mi sono appassionato di una cosa inusuale, di un qualcosa che tanti non hanno mai visto, se vogliamo di un qualcosa di non facile fattibilità. Spesso sto volentieri anche di notte a disegnare, se sei veramente preso da qualcosa, in quella cosa diventi bravo, gli ostacoli si superano facilmente, non c’è niente di geniale.
       Col tempo qualche amico mi ha incoraggiato
a non trascurare questa mia passione che, ripeto, è nata per caso… Ti dico che dal primo pezzo che ho realizzato (una chitarra più di dieci anni addietro), fino al giorno della festa della Montagna di quest’anno, quando sono salito sul palco con i Karadros, quasi nessuno sapeva di questa mia passione. E’ chiaro che mi sono perfezionato con il tempo, quello che vedi oggi non è nato così dalla sera alla mattina, però oggi posso dire di riuscire a realizzare qualcosa di buono, e non so dire adesso se in futuro questa mia passione la coltiverò a livello intenso come lavoro primario…
        Per mestiere io faccio il geometra ma, tutto il tempo libero che ho ormai lo dedico a curare ancora di più quest’arte. Prima progetto il pezzo che voglio realizzare, poi prendo gli strumenti e inizio a comporre.

Sei riuscito a realizzare uno strumento molto complicato come la ghironda. Che tipo di musica si può realizzare oggi con uno strumento come questo?
       La ghironda è uno strumento sostanzialmente semplice. Non si possono suonare tanti stili di musica in quanto è uno strumento piuttosto limitato, non è come il pianoforte o come la chitarra, dove si
possono cambiare gli accordi o eseguire arpeggi. Qua siamo sempre su un tono fisso. E’ importante dire che per suonare la ghironda non è necessario conoscere bene la musica, e quindi non ha bisogno di studi particolari per riuscire a tirare fuori una bella melodia. A prima vista la ghironda può sembrare un giocattolone fatto a forma di botte e non un vero e proprio strumento musicale; però a tutti gli effetti lo era e lo è tuttora, anche se sconosciuto a tanti. Nel vedere suonare la ghironda, tanta gente, rimane spiazzata, stupita, incuriosisce sin da subito, ci si chiede “ma come fa a suonare”, poi il suono è particolare, è ipnotico e misterioso, all’ascolto viene spontaneo dire: ma che bel suono.

Proviamo a descrivere la ghironda da un punto di vista “tecnico”…
      La ghironda è costruita interamente in legno, come altri strumenti di liuteria. A fronte di una facilità nel suonarla vi è una notevolissima difficoltà nella sua realizzazione. C’è bisogno di centinaia di ore
di lavoro e di una pazienza certosina sino alla messa a punto definitiva. Io in particolare ho realizzato una ghironda occitana a forma di liuto, poi esistono varie versioni, cambia la forma ma il contenuto è sempre uguale. All’interno della cassa vi è un asse meccanico che permette di far girare una ruota di legno tramite una manovella posta all’esterno della cassa. Il suono è prodotto dallo sfregamento delle corde sulla ruota che ha la stessa funzione dell’archetto sulle corde del violino. La ruota a differenza dell’archetto, permette di non staccare mai il suono, quindi si ha un continuo ronzio delle corde di “bordone” che tengono un accordo fisso, mentre altre corde cosiddette di “canto” generano la melodia intervenendo su una tastiera posta al di sopra dello strumento che viene azionata con le dita. Essendo la ghironda uno strumento limitato nella tonalità, se lo si suona con altri strumenti, tipo la chitarra, il piano o la fisarmonica, sono quest’ultimi che si devono adeguare a lei e non viceversa.

Come mai un tale delicato e prezioso strumento oggi è quasi sconosciuto?
     Oggi è possibile ancora ascoltare il suono della ghironda in alcuni festival europei di musica folk, in particolare in Francia e Ungheria, dove è abbastanza conosciuta. Non avrà avuto la fortuna di altri strumenti famosi, forse perché non è adatta a musiche moderne, però era ed è presente in molte zone europee, anche nel nord Italia.
La ghironda è l’ultimo nato di una famiglia di strumenti a ruota che erano molto in voga già nel X secolo. Discende dall’organistrum che era uno strumento polifonico, faceva melodia e accompagnamento, era autosufficiente quindi “organico”, lo rendeva adatto all’accompagnamento dei canti religiosi. Da questo nacquero le versioni da “strada”, la symponia usata nelle feste popolari, e anni più tardi la ghironda, ovvero l’evoluzione definitiva di questi strumenti, compare nel medioevo e conserva le stesse caratteristiche, ma è più evoluto. La sua figura era associata a quella di mendicanti, girovaghi, gente di cattiva reputazione, per questo motivo probabilmente ne decretò l’emarginazione.
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Nota tecnica di Massimo Distilo


Da addetto ai lavori nel campo musicale, colgo l'occasione di questa bellissima intervista realizzata da Michele Scozzarra per fare i più sinceri complimenti ad Alessandro Ocello per le sue eccellenti realizzazioni nel campo della liuteria. Si tratta di un settore che, dopo anni di decadenza, sta conoscendo dalle nostre parti un notevole fulgore, con un buon numero di giovani che hanno iniziato a dedicarsi con successo a questo tipo di attività, contribuendo con le loro realizzazioni anche all'ottimo momento che sta vivendo la musica etnica in Calabria.
Proprio nei giorni scorsi abbiamo appreso della scomparsa di Vincenzo De Bonis, ultimo discendente di una storica famiglia di liutai calabresi di Bisignano. Il rimpianto per fortuna è attenuato dal sapere che l'arte liutaria in Calabria prosegue e anzi si intensifica. A Galatro eravamo finora abituati a conoscere le produzioni aerofone di Macrì. Gli strumenti cordofoni (ghironda, chitarre battenti e classiche) di Alessandro Ocello credo non abbiano precedenti di rilievo nel nostro paese e bisogna essere orgogliosi della presenza a Galatro di un bravo costruttore.
Altra cosa che volevo aggiungere è che nella musica non esistono strumenti di serie A e di serie B. Tutti gli strumenti in fondo hanno origine popolare, ad idearli e realizzarli sono sempre state la mente e le mani di un artigiano costruttore. Abbiamo anche l'illustre precedente di Leonardo da Vinci che progettò una viola organista che aveva un meccanismo uguale a quello della ghironda. Si trattava di uno strumento a corde molto grande che si suonava direttamente con la tastiera, come un organo. Il progetto di Leonardo è stato realizzato solo molto di recente, a secoli di distanza. Inoltre per la ghironda hanno scritto musiche anche famosissimi compositori come Vivaldi (una trascrizione delle Quattro Stagioni) e lo stesso Mozart (Concerto per due lire con accompagnamento di più strumenti).

Massimo Distilo

mercoledì 18 dicembre 2013

PIANO DI AZIONE E COESIONE. OVVEROSSIA P.A.C.. VALE A DIRE CHE COSA?

di Bruno Demasi

   Torno  a riflettere in breve e con molte perplessità su questa spinosissima materia , mascherata, come sempre, dietro paroloni vuoti di contenuto e di significato . Ci torno perchè l'assessore regionale al lavoro, rivelando ai media che le risorse messe a disposizione per gli interventi del Piano di azione e coesione ammontano a circa 110 milioni di euro, nei giorni scorsi aveva rivolto  un appello accorato ai Comuni al fine di sensibilizzarli al   rispetto delle scadenze di presentazione dei progetti. “Si tratta di fondi – affermava  Salerno - che costituiscono un’opportunità eccezionale per la nostra regione che deve saper sfruttare quest’occasione per superare le difficoltà e dare le risposte che i calabresi si attendono”.
     Gia a maggio scorso, durante un’assemblea plenaria, sconosciuta ai più e disertata da molti, i Comuni furono invitati a procedere in tempo utile alla redazione del Piano distrettuale degli interventi e alla compilazione delle relative schede previste dal Pac, ma evidentemente o molti comuni non avevano capito il da farsi oppure, strada facendo, se n’erano dimenticati.
         E’ il motivo per cui l’assessore regionale a pochi
giorni dalla scadenza, fissata al 14 dicembre scorso, aveva  indirizzato una missiva ai Comuni capifila degli ambiti intercomunali,  nella quale raccomandava  vivamente “di voler provvedere in tal senso dato che, in mancanza, il territorio di competenza verrà privato di importanti risorse destinate ai servizi per l’infanzia
e agli anziani con conseguenze gravi sia in termini di opportunità occupazionali che di penalizzazione dell’utenza. Infatti  l’eventuale mancata presentazione del progetto all’Autorità di gestione sarà valutata come incapacità progettuale da parte dei Comuni inadempienti e comporterà il blocco dei trasferimenti regionali previsti nell’ambito della ripartizione del Fondo per la non autosufficienza e delle ulteriori risorse afferenti alle intese Stato-Regioni per l’attivazione di servizi in favore dell’infanzia e degli anziani”.  Spiegava inoltre l’assessore: ”Le aree che presentano un ritardo di sviluppo  non possono permettersi il lusso di sprecare una chance di questa rilevanza ma, al contrario, devono dimostrare di poter avviare, attraverso la forza delle idee e la validità della programmazione, un cammino virtuoso che apra nuove prospettive”.
    Al di là delle enunciazioni di principio da parte dell’assessore e della Giunta che egli rappresenta, che avrebbero potuto quantomeno sensibilizzare di più e meglio non solo i sindaci evidentemente rinunciatari, ma tutta la popolazione, mi domando come mai molti comuni della Piana, nonostante i mille convegni dedicati da più parti al Piano con l'abituale scorrimento di fiumi di inchiostro e di denaro, abbiano avuto bisogno a pochissimi giorni dalla scadenza dei termini per la presentazione dei progetti di ulteriori sollecitazioni per ricordarsene., ma mi domando anche che significato abbia erogare ancora  fondi comunitari solo dietro presentazione di progetti formalmente
ineccepibili, anche se  scopiazzati o riciclati o comunque compilati all’ultimo momento solo per non perdere i fondi, come raccomandava accoratamente l’assessore.
    Non sarebbe il caso di distribuire i fondi in base alla popolazione residente nelle varie aree, abolire le cordate con comuni capifila e, soprattutto, pretendere da ogni comune una ren dicontazione ineccepibile, in itinere e a posteriori,  sulla gestione dei fondi stessi?


domenica 15 dicembre 2013

SE “ LA NDRANGHETA VESTE I PANNI DELL’ANTIMAFIA”...


“Bisogna combattere le icone parolaie e la coltre di finta legalità che le nasconde”
 (Intervento di Angela Napoli 
sul “Quotidiano della Calabria” domenica 15.12.2013)


      “Da tempo vado denunziando che la ‘ndrangheta ha assunto la veste del perbenismo e dell’antimafia parolaia al fine di poter continuare a pervadere tutti i gangli vitali delle nostre comunità.

      Fortunatamente il Procuratore Cafiero De Raho, insieme agli altri Magistrati della Dda di Reggio Calabria, con i vari provvedimenti giudiziari, stanno svelando cosa si celi effettivamente sotto la veste del perbenismo e dell’antimafia parolaia.

    L’operazione “Insula” condotta dalla Dda di catanzaro che nei giorni scorsi ha coinvolto, insieme agli uomini della cosca Arena, Carolina Girasole, ex sindaco del Comune di Isola Capo Rizzuto, e l’odierna operazione “Inganno”, condotta dalla Dda di Reggio Calabria, che ha coinvolto Sebastiano Giorgi, ex sindaco del comune di San Luca e Rosy Canale, presidente del Movimento Donne di San Luca, rivelano come l’antimafia parolaia di fatto serva a creare quella coltre di “finta legalità” sotto la quale si agisce favorendo un sistema di malaffare che vede intrecciarsi la cattiva politica, l’economia illegale e la ‘ndrangheta.

       Crea sofferenza  dover assistere al crollo di figure che avevano infuso speranza sul contrasto alla criminalità organizzata; crea sofferenza e dolore vedere così annullato il tributo di sangue offerto dalle numerose vittime di mafia; crea sbigottimento pensare che diventa sempre più difficile dare fiducia a coloro che vanno ad amministrare le nostre comunità chiedendo il tributo dei malavitosi.

   Basta con le targhe e le pillole antindrangheta! Basta con i finanziamenti elargiti per creare sviluppo, ma dirottati per il proprio benessere! Al bando tutti coloro che inquinano il nostro territorio navigando nell’illegalità! Diciamo basta a rappresentanti di pubbliche amministrazioni che partecipano a convegni o rilasciano pubbliche interviste cercando di sminuire la bontà di alcune norme antimafia, quale lo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazione mafiosa. Teniamo lontani dalla politica tutti coloro che anche solo con atti amministrativi sono stati coinvolti nella cattiva gestione della cosa pubblica, favorendo il potere mafioso. Dubitiamo di quelle associazioni che nascono solo per attingere ai finanziamenti politici.

       Serve legalità,trasparenza, responsabilità.”

                                                                       (AngelaNapoli )

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    Insieme ad alcuni coraggiosi magistrati e a qualche sparuta persona realmente impegnata è una delle pochissime voci fuori dal coro nel reale impegno anticriminoso quella di Angela Napoli, già vicepresidente della Commissione Parlamentare Antimafia, della quale si possono condividere o meno le scelte ideologiche e politiche, ma alla quale va tributato comunque e da tutti l’omaggio alla chiarezza, alla coerenza della denuncia, alla concretezza nell’agire e nel perseguire i veri obiettivi per i quali a suo tempo nacque la CPA. Non è tempo solo  di “audizioni”  più o meno preconfezionate e oziose e nemmeno di convegni e di parole, ma, come osserva la Napoli, solo di fatti!

   Le ennesime ferite dolorosissime inferte di recente al tessuto sociale oppidese e della Piana  , sbandierate  con grande clamore dai media, ma stranamente passate in silenzio anche sui social networks, non trovano, ad esempio,  nessuna eco, come mai l’hanno trovata nel passato, fatti analoghi nel diluvio di eventi, laici e non, convegni, congressi, tavole rotonde, seminari scolastici, manifestazioni stucchevoli ( e dispendiose) “per la legalità” dove, salve pochissime eccezioni , il problema ndrangheta, la vera mentalità mafiosa, la vera violenza strisciante e i suoi danni vistosissimi, restano sempre sottotraccia per lasciare il posto a  trite enunciazioni di principio o a notazioni di stampo pseudofolkloristico...!

    Perchè, ad esempio, il ministro guardasigilli -  per chi non la ricordasse, la signora Cancellieri - di concerto con l’attuale presidente della CPA, non incomincia  a far stilare e pubblicare da chi di dovere  un rendiconto dettagliato di tutti i fondi ministeriali e/o europei che nell’ultimo ventennio sono stati versati a pioggia , o quasi, sulla Calabria , e  in particolare sulla Piana, per le cosiddette iniziative di formazione “ alla legalità”?

venerdì 29 novembre 2013

NELLA PIANA ...SI MUORE DI FREDDO

di Bruno Demasi
      E mentre i politici calabresi dei due maggiori partiti sono attanagliati da atroci dilemmi su quale vecchio o nuovo partito riversarsi o su quale vecchio o nuovo personaggio votare per le imminenti primarie, mentre le associazioni di volontariato e le organizzazioni di solidarietà languono, nella Piana  si continua a morire. Stavolta non per faide o per fatti delinquenziali e nemmeno sui barconi in balìa di correnti e di furfanti approfittatori, ma solo per il freddo. O anche per il freddo.
     E’ morto ieri mattina sul presto dopo aver trascorso una notte gelida   a San Ferdinando dentro una vecchia automobile, dove si era rifugiato perchè non aveva trovato posto  nella tendopoli allestita per ospitare gli immigrati che lavorano come stagionali per
la raccolta degli agrumi.  Si chiamava Man Addia, un  trentunenne liberiano, giunto , come tanti, dalle nostre parti carico di speranze, di fame e di voglia di riscatto.
      L’arido comincato ANSA  ha informato quasi subito che la  la Procura della Repubblica  ha disposto l’autopsia per accertare le cause della morte di Man  e per accertare  se ci siano state responsabilità da parte del servizio sanitario,   ma non ci interessa sapere cosa e quando  si accerterà: sicuramente i media dimenticheranno persino di informarci in merito.
   Che  il giovane liberiano sia morto di freddo o a causa di altre patologie pregresse, che l'intervento sanitario sia stato o meno tempestivo sono fatti   accessori.
      Il fatto fondamentale è che un uomo sofferente e inerme , ancora una volta, non abbia trovato posto nemmeno sotto una tenda stracolma di disperati come lui e sia rimasto una notte all’addiaccio. E  se si accerterà che era portatore di qualche patologia, ciò non servirà a scagionare le coscienze di nessuno. Anzi sarà un’aggravante!
     Vorremmo che chi di dovere, e non a posteriori, controllasse come e quanto si spende il denaro pubblico  nei vari  luoghi di accoglienza di questi infelici, come e quanto  ci si spende per evitare ogni discriminazione e  ogni esclusione, come e quanto si garantisca a tutti , fra le mille e mille spese immotivate della sanità pubblica, almeno qualche briciola di prevenzione sanitaria di base  o per il trattamento tempestivo  delle situazioni più gravi.
    Fra qualche giorno, ma già da oggi, di Man Addia non si parlerà più: un altro caso da archiviare in fretta, senza funerali, dentro quattro tavole malamente connesse e a basso
costo, in un cimitero qualsiasi , con un nome  e un cognome malamente e frettolosamente tracciati, che probabilmente nessuno andrà a cercare o a leggere... Una vita vissuta ai margini della storia, trenta anni di sofferenza, il cui prezzo sarà ancora una volta inferiore allo zero, nell’indifferenza di noi tutti.
     Domani i giocatori della squadra di calcio del Koa Bosco di Rosarno, composta da immigrati di colore, giocheranno con la fascia nera al braccio in segno di lutto. La decisione è stata presa per ricordare Man Addia, ma l’idea di giocare col lutto al braccio ha anche lo scopo di denunciare ancora una volta a noi  sordi e a noi  ciechi  le condizioni estreme in cui sono costretti a vivere gli immigrati che giungono nella Piana di Gioia Tauro per lavorare come stagionali o ...per morire di  fame e di freddo.

domenica 24 novembre 2013

SE ANCHE PARLASSI LE LINGUE DEGLI ANGELI E...NON AVESSI L’AMORE...

L’ANNO DELLA CARITA’ NELLA PIANA DI GIOIA TAURO
(di Bruno Demasi)


       Di là da ogni valutazione di merito e di  metodo circa le modalità di pubblicizzazione e di preparazione adoperate , l’idea di indire un Anno della Carità nella diocesi di Oppido Mamertina- Palmi  all’indomani della chiusura dell’Anno della Fede è un altro vero  atto profetico che va sicuramente ascritto al carisma pastorale del vescovo, Mons. Francesco Milito.

       Avremmo voluto che tutti i sacerdoti, e di tutte le parrocchie della Diocesi, avessero preparato di più la gente a quest’evento, che non è e non dovrà mai diventare l’ennesima stucchevole occasione per gli addetti ai lavori e  che sicuramente ha già in sè gli stigmi di un  possibile rinnovamento, ma ci sarà un anno di tempo per sopperire ad eventuali lacune e dimenticanze, un anno soprattutto per esercitare sul serio e in tutte le forme possibili  la Carità , per dare e ricevere segni di condivisione veri a chiunque e da chiunque.

        Ciò che conta è che da oggi la gente della  Piana di Gioia Tauro, anche se nulla in apparenza è cambiato, anche se a livello sociale, economico, culturale e, sotto vari aspetti, anche ecclesiale le falle e i problemi sono ancora tanti,  possa incominciare ad entrare in una logica di libertà da ogni forma di oppressione ( una delle più alte forme di  Carità), e cominciare almeno ad assaporare il gusto di risorgere  dalle morti e dalle paludi dell’individualismo, del settarismo, del malaffare e dell’interesse elevati spesso a sistema, per iniziare un percorso di cooperazione, di aiuto e soprattutto di  rispetto per se stessi e per  l’altro.

      Dice Paolo di Tarso, a questo proposito:


    "Solo l'amore distingue i figli di Dio dai figli del diavolo...Quelli che hanno la carità sono nati da Dio, quelli che non l'hanno non sono nati da Dio. E' questo il grande criterio di discernimento. Se tu avessi tutto, ma ti mancasse quest'unica cosa, a nulla ti gioverebbe ciò che hai; se non hai le altre cose, ma possiedi questa, tu hai adempiuto la legge. Chi infatti ama il prossimo- dice l'apostolo - ha adempiuto la legge; e il compimento della legge è la carità (Rm 13,8-10).

    La carità dunque, quella vera, non l’elemosina degli spiccioli al mendicante, è terapeutica , come afferma Paolo: se nasce veramente in noi l'amore per gli altri, allora lentamente scompaiono dal nostro animo e dalla nostra vita gli atteggiamenti che possono distanziarci e dividerci . Non oseremo più vantare a dismisura le nostre doti, fino all'arroganza e al disprezzo. Non faremo pesare la nostra superiorità, di qualsiasi genere, al punto da creare rivalità. Non ci sentiremo rovinare l'animo da invidie o animosità, se negli altri si manifesteranno doti diverse dalle nostre. Non ci approprieremo di ciò che non è nostro e non useremo violenza, aperta o strisciante, a nessuno. Gioiremo invece per i differenti talenti dati a ciascuno, come fonte e stimolo continuo per una crescita più armoniosa e coopereremo con l’ultimo per far migliori noi stessi.

    Detesto gli slogans di qualsiasi specie, ma se provassimo stavolta a definire in poche  pillole la Carità che si potrebbe esercitare nella Piana di Gioia Tauro?

  • Carità è rispettare gli altri, senza riserve, cooperare con chi è nel bisogno, costruire relazioni positive per tutti nel rispetto delle priorità;
  • Carità è amare e rispettare il proprio ambiente, le istituzioni in esso presenti, pretendere e controllare che esse funzionino;
  • Carità è pretendere che amministratori e governanti lavorino per la gente che rappresentano e per il territorio al fine di renderlo vivibile per tutti, dimenticando ogni forma di favoritismo laddove esistente;
  • Carità è rinuncia a ogni forma di egoismo, di lassismo, di pigrizia, di sciatteria, di idolatria, di avarizia, di furbizia, di arroganza, di sopraffazione;
  • Carità è  anche per i laici sforzarsi di cooperare con la gerarchia ecclesiale senza forme di invadenza e/o di protagonismo fini a se stesse e  senza spirito clericale;
  • Carità è anche, per la gerarchia ecclesiale, rinunciare a ogni forma strisciante  di discriminazione del gregge  ad essa affidato, coraggio di  semplificare  e uniformare ogni forma di annuncio, amministrare il più possibile il sacramento della riconciliazione;
  • Carità è  anche amare la Piana, al punto di  pretendere con forza che essa sia rispettata da tutti e dotata di strade, scuole e ospedali degni di essere definiti tali;
  • Carità è integrare  sul serio le crescenti rappresentanze di etnie diverse che vivono nei nostri paesi, non regalando loro i pesci più marci , ma insegnando loro a pescare;
  • Carità è sfruttare la nostra nobile e fertilissima terra e le sue risorse, rendendola un giardino per tutti;
  • Carità è essere disponibili in qualsiasi momento a rimboccarsi le maniche, a lavorare e a creare lavoro;
  • Carità, come suggerisce l'amico Filippo Iaria, è dare speranza a chi ormai l'ha persa.

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giovedì 14 novembre 2013

800.000 € PER IL DISTRETTO SOCIO SANITARIO 3

di Bruno Demasi

  Un progetto mirato per migliorare l’assistenza sociosanitaria nel  Distretto Socio Sanitario 3 comprendente  i comuni di Taurianova, Oppido Mamertina, Molochio, Terranova Varapodio, Cittanova , Scido, Delianuova, Santa Cristina D'Aspromonte  e Cosoleto.


    Nell'ambito del “Programma nazionale dei Servizi” sta per decollare nel “Distretto socio sanitario n.3”,  un progetto operativo definito come “ intervento aggiuntivo in termini di rafforzamento di metodo e di merito che intende svolgere una funzione di promozione di un modello di programmazione e intervento che progressivamente garantisca agli utenti condizioni paritarie e al contempo sia di sostegno all' incremento dell'estensione, copertura, qualità nell'erogazione di servizi di cura”. Al di là delle definizioni più o meno criptiche,  si tratta di creare una sinergia fra comuni con l’intento di qualificare e di rafforzare l’erogazione di servizi socioassistenziali in un territorio fortemente deprivato e a rischio.

     L’ ufficio di Piano del Distretto Socio Sanitario n.3,
sulla falsariga del Pns, e in attuazione del Piano di Azione di Coesione (PAC) 11/5/2012 , da quanto si evince dai comunicati ufficiali e semiufficiali di questi giorni, con gli auspici della Conferenza dei sindaci, coordinata da una  Commissione Straordinaria del Comune di Taurianova, comune capofila, sta concludendo l’attività  di programmazione che dovrà essere  presentata  nelle sedi istituzionali fra pochi giorni.
    Il PAC di riferimento è stato formalizzato circa un anno e mezzo fa per  fornire un'azione aggiuntiva ai servizi di  assistenza e cura alla prima infanzia e  agli anziani non-autosufficienti ed è segmento di un progetto più ampio  che riguarda le quattro regioni dell'area convergenza 2007-2013 (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia), la cui dote  ammonta a 730 milioni di euro (400 per infanzia; 330 per anziani) provenienti dalla riprogrammazione del fondo di co-finanziamento nazionale a Programmi Operativi Nazionali e Interregionali 2007-2013.
      Il Distretto Socio Sanitario n.3 avrà a disposizione
risorse per circa 800mila euro che, se ben impiegate, se utilizzate con parsimonia ed equilibrio, potranno garantire un indubbio miglioramento dell’assistenza socio sanitaria alle due fasce di popolazione assolutamente più deboli del comprensorio.
        Per i servizi alla prima infanzia (bambini da 0 a 3 anni), gli obiettivi riguardano infatti  l'aumento strutturale dell'offerta di servizi;  l'ampliamento dell'offerta di posti in asili nido pubblici o convenzionati e in servizi integrativi e innovativi, fino alla copertura nel 2015 di almeno il 12% della domanda potenziale; l'estensione della copertura territoriale per soddisfare bisogni e domanda di servizi, il sostegno alla domanda, alla gestione e accelerazione dell'entrata in funzione delle nuove strutture per garantire la sostenibilità degli attuali e futuri livelli di servizio, in previsione di un sistema integrato di offerta pubblica e privata; il miglioramento della qualità e della gestione dei servizi socioeducativi.

   Anche per gli anziani ultrasessantacinquenni e non autosufficienti sono previsti interventi mirati, quali: l'aumento della presa in carico in assistenza domiciliare, assicurando un adeguato livello di prestazioni socio-assistenziali; l'aumento e qualificazione dell'offerta di servizi residenziali e semiresidenziali; il miglioramento delle competenze di manager, operatori professionali e  assistenti familiari; la sperimentazione di protocolli innovativi di presa in carico personalizzata dell'anziano in stato di necessità. 
   Ci si augura che il progetto non rimanga solo fine a se stesso, come tante, troppe volte è accaduto in passato per tanti settori della Pubblica Amministrazione, ma serva concretamente e realmente a migliorare sul serio la qualità e la quantità dei servizi previsti. Spetta a tutti vigilare in tal senso...!