A chi in silenzio e nell’ombra,
con difficoltà e coraggio, senza arrendersi alla stanchezza dell’età e della giornata e all’ipocrisia di
molti, senza cadere nella tentazione della vanitàe dell’interesse personale spende quotidianamente una
parte della propria vita per aiutare almeno un po' i disperati della Piana...
Chi conosce le decine di uomini e
donne senza nome e senza età che continuano in silenzio a soccorrere le
centinaia, le migliaia di rifugiati senza volto
nelle campagne non solo di
Rosarno o di San Ferdinando, che quasi
ogni mattina vedi , ancora al buio dell’alba tardiva ai bordi delle strade in
attesa che qualcuno li faccia lavorare, ma della Piana intera? Chi conosce le decine di mani di suore e di laici , senza
appartenenza e senza etichette, che in
silenzio raccolgono quanto possono per portarlo nelle baracche e negli anfratti
in cui nel 2013 questi nuovi schiavi trascinano la loro esistenza?
Di loro non si parla, se non per errore, sui giornali, nelle emittenti locali o nel web
o nei mille convegni che tanti sedicenti samaritani organizzano sui samaritani,
disconoscendone la reale esistenza e la reale funzione di soccorso.
A loro si tendono però ogni giorno mille mani e non chiedono solo pane,
ma anche medicine, una parola, un consiglio, magari solo una bottiglia d’acqua
pulita...
Le equipes di Medici Senza Frontiere, spesso tramite una clinica mobile,
forniscono assistenza sanitaria a queste creature che lavorano nei campi e si
adoperano al fine di migliorare il loro accesso al servizio sanitario nazionale.
MSF ha distribuito migliaia di kit con generi di prima necessità come coperte,
taniche per l’acqua e saponi per alleviare le sofferenze provocate dalle
drammatiche condizioni di vita e di lavoro che hanno un serio impatto sulla
loro salute, causando infezioni respiratorie, problemi osteo-muscolari e
gastroenterici, ma ha anche contattato le autorità regionali , per sottolineare
la grave situazione umanitaria e i bisogni dei migranti e la necessità di prendere provvedimenti
urgenti per migliorare la loro situazione.
E insieme a MSF tante altre persone, ma
soprattutto anziani, perchè i giovani della Piana sembrano aver smarrito la
strada della semplicità, della solidarietà e del sacrificio. Anziani che non
dimenticano i tempi della fame nella Piana di 50 o 60 anni fa e che sanno cosa
significa per una famiglia sedersi la
sera attorno a un desco senza disporre nemmeno di pane per tutti.
Anziani che non rinunciano ad aiutare gli altri e che , fin quando
potranno portare avanti il loro soccorso silenzioso e sorridente, meriteranno il nostro grazie e... saranno
sempre giovani!
Ho
voluto capovolgere la consuetudine: non siamo noi a salutare Pasquino, ma,
conoscendolo, è stato lui a farlo, con un sobrio gesto del
cappello, come sempre. Lo ha fatto ieri, poco più che settantenne, sul filo del
mezzogiorno, dopo aver lottato a lungo contro una malattia che non perdona,
dopo aver soprattutto lottato a lungo contro la
malattia del nostro Sud, della nostra terra, la patologia dell’indifferenza,
del torpore, del tutto è permesso...
"Meridionalista
senza conversione" lo ha definito qualcuno, ma non aveva alcun bisogno di
“convertirsi” a quella fede che fece ardere di impegno sociale i grandi
meridionalisti storici, che lui ha venerato, a partire da quello Zanotti Bianco
con cui ha condiviso la premura per gli ultimi di questa terra, ieri priva di
alfabetizzazione scolare, oggi ancora paurosamente priva di alfabetizzazione
sociale e politica, fino a quel Nicola Zitara, l’ultimo dei meridionalisti
“convertiti”, cui Pasquino successe nella direzione del giornale “La Riviera”,
strumento di grande crescita per la Locride, e non solo...
Prima di
conoscerlo personalmente, nei primi anni Settanta del secolo scorso lo
conobbi da docente attraverso quella sua “Bibbia dei poveri”, un libricino di narrativa
per la scuola media, nel quale, a più mani cercava di combattere
l’analfabetismo culturale dei nostri ragazzi abbandonati a se stessi in tanti
paesi della Provincia dopo una quinta elementare rabberciata a stento, quando
la scuola media, malgrado venisse pomposamente definitia “scuola dell’obbligo”
era ancora un miraggio per molti, forse tantissimi...
La”
Bibbia dei poveri”,antologia breve e commovente di narratori della
nostra terra, diventava per tanti ragazzi della scuola media uno dei pochi
libri che essi erano disposti ad “ascoltare” incantati, con gli occhi semichiusi,
assaporando quelle gocce di Calabria e di Mezzogiorno che la scuola dell’obbligo, persa dietro
improbabili programmi, evitava loro di dare. Un libro infallibile, anche con
gli alunni più distratti e menefreghisti, tanto da afferrarne l’attenzione e
l’interesse in modo miracolosamente rapido e suscitare in loro il desiderio di
conoscere di più, di capire la nostra terra attraverso i suoi narratori e i
suoi poeti.
Un libro di
narrativa che ho continuato ad adottare finchè è stato possibile e che mai,
dico mai, ha tradito tra i banchi la sua missione di piccola semina di
altrettanto piccole , ma preziose conoscenze di base sulla cultura, la storia e
la vita della Calabria e della nostra provincia.
Conobbi di persona più tardi Pasquino Crupi e spesso
lo invitai nelle scuole per parlare agli alunni e incantarli ancora con le
sue lezioni-racconto che avevano il
sapore di una saggezza antica, quella dei padri, e di lui acquistavo
gelosamente, avidamente ogni pubblicazione, condividendone sempre fino in fondo
impostazioni e contenuti: I fatti di Melissa (Catanzaro 1976),
Letteratura
ed emigrazione (Reggio Calabria 1982); Processo a mezzo stampa
(Venezia 1982); Stragi di Stato nel Mezzogiorno contadino (Cosenza 1985); Il
giallo colore del sangue di Luino (Reggio Calabria 1990); Un
popolo in fuga (Cosenza 1991); L’anomalia selvaggia-Camorra, mafia,
picciotteria, ‘ndrangheta nella letteratura calabrese del Novecento
(Palermo 1992); Benedetto Croce e gli studi di Letteratura calabrese (Cosenza
2003) e la monumentale Storia
della letteratura calabrese - alla quale si inchinò persino quel grande
Antonio Piromalli, il primo storico della nostra letteratura calabra, maestro
di Pasquino e di lui ammiratore instancabile - senza dimenticare:La
Davanti al
professore Piromalli Pasquino Crupi manteneva una venerazione inusuale e una
soggezione da neofita e quando questi parlava, come accadde una volta in un
seminario destinato agli allievi di una scuola, dove lo aveva accompagnato,
egli si ritraeva, restava tra il pubblico, quasi un allievo che non osa sedersi
accanto al suo maestro e che voglia continuare a imparare dalla sua viva voce ...
Era l’umiltà vera
di chi, “intellettuale in trincea”, come amava definirsi, ha continuato a divulgare la nostra storia e la nostra
cultura e ad amare e difendere questa contrade fino alla fine con la commozione
del maestro che presenta a chi non li
conosce i poeti della sua terra, come nell’ eloquentissima raccolta “Il Natale” ( Scendendo dalle
stelle con i poeti del popolo) in cui ci presenta alla sua maniera
alcuni tra i grandi poeti semisconosciuti che
“ci appartengono”: Michele Pane, Vittorio Butera, Napoleone Vitale,
Ciardullo, Francesco Salerno, Giuseppe Coniglio, Giuseppe Morabito, Achille
Curcio, Salvatore Borelli, Luciano Nocera, Antonio Zurzolo, Pasquale Favasuli,
Franco Blèfari, Giovanni Favasuli. Bruno S. Lucisano, Totò Mediati.
La Piana gli deve
tanto, e non solo per l’attenzione da lui dedicata ai narratori e ai poeti di questi paesi (dai
Seminara ai Piromalli, ai Creazzo, ai Conia, e a cento altri che nella sua
storia della letteratura hanno trovato posto e rilievo), ma anche per la sua discrezione di intellettuale
sobrio, non litigioso e vacuo, e soprattutto per le sue analisi sociali,
storiche e politiche che Emilio Sereni ebbe spesso a prendere e ad additare a
modello.
La Piana gli deve
anche molto quando egli scava e scuote
dalle fondamenta, e senza mezzi termini le pieghe dellla geografia e della
storia di questa terra strana nel suo studio
generale sul paesaggio agrario calabrese
e soprattutto nel saggio “ L’anomalia selvaggia-Camorra, mafia,
picciotteria, ‘ndrangheta nella letteratura calabrese del Novecento ,
pubblicatogli entusiasticamente da Sellerio una ventina di anni fa quasi a suggello di una incredibile
personalità di saggista e storico,
meridionalista non convenzionale, uomo del Sud senza senza campanile.
Il 15 agosto, grandiosa
festa cristiana dell’Assunzione in cielo di Maria, è anche quest’anno, o da
quest’anno, in Oppido e in tutta la Diocesi, festa per
ricordare commossi quel piccolissimo ed immenso evento che è il fiat
della fanciulla di Nazareth, da cui si sviluppano tutti i cardini della fede
cristiana. La cattedrale della diocesi, a Oppido, diventa Santuario
dell’Annunciazione, luogo di imponente statura architettonica e al contempo
umile custodia di questo stupendo segno e mistero di fede.
Non possiamo non
riconoscere in questo gesto altamente profetico e inatteso del vescovo, mons.
Francesco Milito, che ha voluto con tutte le sue forze questo nuovo grande
santuario e il conseguente gemellaggio con la città di Nazareth, l’impronta
dello Spirito Santo , ma , ci si augura,
anche l’inizio di un riscatto vero della
diocesi e della Piana di Gioia Tauro
dalle orribili umiliazioni e
dalle grandi ferite che la dilaniano e
la opprimono.
Come Maria SS.MA
Annunziata nella sua assoluta semplicità ha saputo accogliere nel proprio
grembo il germe santo di una nuova era
fondata sull’Amore e sulla Pace, così da questo nuovo santuario mariano che
dall’alto domina tutta la Piana si possa costruire in queste contrade con
umiltà e giustizia una nuova epoca di Pace e di Progresso per tutti!
Questo post insolito viene
illustrato dai video di alcuni
canti mariani più belli,a partire dall’Akatistos, forse il più antico e il più
completo, che nella parabola della vita terrena della Vergine Maria, racchiusa tra il momento
dell’Annunciazione e quello dell’Assunzione in cielo, canta in modo sublime la
storia intera della Redenzione e ci consente in qualche modo, nella nostra
pochezza, di individuare alcune tra le ragioni storiche, teologiche e culturali
di questo evento profetico per il popolo di tutta la Diocesi.
_____________
Per la cattedrale di Oppido Mamertina,
almeno fin dall’epoca bizantina, la simbiosi commovente tra l’icona dell’Annunciazione
e quella dell’Assunzione era scontata ed ancora oggi la chiesa cattedrale,
dedicata alla Madonna Assunta, è impregnata in tutte le sue pieghe più
recondite dal culto e dalla venerazione di Maria SS.Ma Annunziata. Celebrare
questi due momenti della vita di Maria nello stesso giorno di agosto è dunque occasione
speciale, decisione fortemente carismatica, supportata da ragioni non certo
effimere o estemporanee. Sono Sicuramente le ragioni della Fede e dell'Evangelizzazione concreta, diremmo "in situazione", quelle che animano il Vescovo, ma nel nostro pensiero sono anche le ragioni della speranza che questo grande lembo di Calabria possa iniziare a pensare sul serio anche a un proprio riscatto morale e civile.
Nel dogma dell’Assunta viene celebrata la
biografia totale di Maria, che dall’umiltà della scena dell’Annunciazione
giunge a partecipare in pienezza alla gloria del Dio tre volte Santo: la
bellezza che si affacciava a Nazaret nella giovane donna coperta dall’ombra
dell’Altissimo, risplende ora, dopo l'Assunzione corporea in cielo, nella Sposa delle nozze eterne. Scriveva Giovanni Paolo II in una sintesi mirabile di Fede, Teologia e amore per Maria, cui aveva voluto donarsi "tutto" persino nel suo stemma pontificio: “Colei che all’ Annunciazione si è definita
‘serva del Signore’, è rimasta per tutta la vita terrena fedele a ciò che
questo nome esprime...
Per questo, Maria è diventata la prima tra coloro che,
servendo a Cristo anche negli altri, con umiltà e pazienza conducono i loro
fratelli al Re, servire al quale è regnare, ed ha conseguito pienamente quello
stato di libertà regale, proprio dei discepoli di Cristo: servire vuol dire
regnare! Cristo, fattosi obbediente fino alla morte e perciò esaltato dal
Padre, è entrato nella gloria del suo Regno… Maria, serva del Signore, ha parte
in questo Regno del Figlio. La gloria di servire non cessa di essere la sua
esaltazione regale: assunta in Cielo, ella non termina quel suo servizio
salvifico, in cui si esprime la mediazione materna, fino al perpetuo
coronamento di tutti gli eletti”( enciclica Redemptoris Mater § 41).
La Tutta Bella, assunta in cielo, si offre
in tal modo ai credenti della Piana ed all’umanità intera come segno di sicura
speranza e pegno della partecipazione futura alla bellezza eterna, che in Lei
si è resa visibile nel Figlio. Maria ci mostra la meta, cui dobbiamo tendere, e
la via, che lei per prima ha percorso: “In
realtà, l’incarnazione del Verbo non può essere pensata a prescindere dalla
libertà di questa giovane donna che con il suo assenso coopera in modo decisivo
all’ingresso dell’Eterno nel tempo. Ella è la figura della Chiesa in ascolto
della Parola di Dio che in lei si fa carne… ascolto attivo, che interiorizza,
assimila, ed in cui la Parola diviene forma della vita” (Benedetto XVI, Verbum
Domini, 2010, 27).
Attraverso il fiat della piccola Vergine – Madre di Nazareth il Verbo è entrato nel tempo: e sarà grazie alla fede di cui Lei
è modello che il tempo potrà entrare nell’eternità, come vi è entrata Lei in
pienezza nella sua assunzione corporea, quale segno e profezia per tutti noi che sicuramente abbiamo smarrito, specialmente dalle nostre parti, il valore del sacrificio, del lavoro e della fatica quotidiana, nobili strumenti di cooperazione al Bene e al bene comune!
Ecco perchè – ne siamo convinti - il Vescovo e la Chiesa della Piana di Gioia
Tauro vogliono guardare a Maria
Annunziata ed Assunta in cielo come alla
Madre della speranza, alla stella che orienta la navigazione dei pellegrini
della fede sul grande mare della storia di questa terra ancora oggi schiacciata
da mille problemi, da mille sopraffazioni e dimentica della propria grande tradizione, anche culturale e religiosa. Un fatto concreto che accomuna tutti i centri della Diocesi e che in sè può esprimere, tra l'altro, anche la necessità di cooperare instancabilmente, senza delegare ad altri la soluzione di tutti i problemi aperti.