mercoledì 2 aprile 2014

...MA NELLA PIANA SI MUORE ANCHE DI AMIANTO...


di Bruno Demasi
  Il rischio vero oggi è quello di insistere   solo sul fantasma (purtroppo più che reale) dei rifiuti radioattivi disseminati non si sa da chi e come e quando sulle nostre montagne, un fantasma che però stranamente non è mai andato oltre la sua dimensione romanzesca , non ha mai visto accertamenti precisi (ci vorrebbe veramente tanto per farli?) e soprattutto non ha mai partorito  accuse altrettanto concrete e almeno una prima, sia pur vaga,  individuazione di responsabilità.
    Se si escludono le recenti dichiarazioni  coraggiose  di Cafiero De Raho in merito, il tutto viene lasciato alla sua dimensione ormai quasi leggendaria e letteraria (molta pubblicistica, moltissimi seminari nelle scuole, conversazioni salottiere fini a se stesse nei
talk show delle emittenti locali e nazionali).  Quasi un ricorso storico, per cui se ieri si accusavano i presunti briganti (quattro cenciosi sfigati incappati nel rigore da barzelletta della Legge dell’epoca) come responsabili di tutti i mali della nostra provincia, e della Piana di Gioia Tauro in particolare, e coerentemente con la logica dell’epoca, li si braccava, uccideva e poi fotografava  come reperti da museo lombrosiano, oggi la responsabilità di tutti i mali ( nel senso proprio del termine)  della nostra terra viene scaraventata sugli
gnomi di montagna che di nascosto  hanno seppellito chissà quanti pentoloni pieni di veleno sull’Aspromonte e che nessuna sa dove siano e dove si nascondono. Stop.
    Ci siamo chiesti a chi fa comodo fermarsi in modo gattopardesco solo  su questi capi d’accusa nei confronti di tutti e nessuno? Non è che si voglia per caso sviare l’attenzione non solo dei media, ma soprattutto della gente, della gente che muore, dai mille veleni neanche tanto nascosti di cui sono disseminati giorno per giorno   i nostri paesi e le nostre campagne?
    A quanti è venuto in mente di controllare le discariche abusive che da sempre sono i letti delle nostre fiumare? I mille e mille tetti in eternit che ancora sussistono a ridosso di case, scuole e asili, se non a copertura di essi? A quanti è venuta voglia di controllare con quale rigore scientifico - e  in quali quantità abnormi -  si usano diserbanti e concimi  chimici nelle nostre terre? A quanti responsabili della salute pubblica è venuto in mente di quantificare le cariche di diossina che giornalmente esalano da mucchi di rifiuti bruciacchiati ai crocicchi dei paesi? Per non parlare di quanto ogni giorno passa per il porto di Gioia Tauro...vorremmo saperlo!
    Appena un mese fa ( 4.3.2014)  sul giornale on line “Qui Cosenza” (chissà perché nessun altro organo ne ha parlato) si leggeva:  “ Gli uomini del comando provinciale di Reggio Calabria hanno denunciato tre persone dopo
aver individuato e sequestrato altrettante discariche abusive nella piana Gioia Tauro. L'operazione, condotta dai Finanzieri del Gruppo di Gioia Tauro, ha permesso di individuare tre aree private, per una superficie complessiva di oltre un ettaro, pari a 2 campi di calcio, trasformate in vere e proprie discariche abusive a cielo aperto, localizzate tra i comuni di Gioia Tauro, Rosarno e San Ferdinando. All'interno delle discariche, secondo quanto reso noto, sono stati trovati ingenti quantita' di materiali particolarmente dannosi per la salute pubblica, quali lastre di eternit, pneumatici, carcasse di autovetture e di elettrodomestici, oltre che inerti derivanti da attivita' di scavo e demolizione edile. Le due aree sono state sottoposte a sequestro ed i responsabili sono stati denunciati a piede libero alla Procura della Repubblica di Palmi per violazioni alla normativa ambientale.”
   Notizie come questa non fanno storia evidentemente, ma fanno  tristemente storia le centinaia di decessi per tumore che mensilmente si continuano a registrare nei 33 comuni della Piana.
     Vogliamo per caso  continuare solo  a combattere  contro gli gnomi di montagna ed inebriarci di storie da far west nostrano o vogliamo denunciare sul serio i rischi concreti che non sono solo  sepolti nei pentoloni sotto le faggete dell’Aspromonte, ma ce li abbiamo quotidianamente sotto i nostri occhi nell'indifferenza generale?