giovedì 23 ottobre 2014

IL CANTO MALATO DELLE FIUMARE DELLA PIANA

di Bruno Demasi

   I torrenti scendendo a mare 
nei periodi di piena 
disfanno la roccia
senza difesa
e la trascinano con sé.
   Le bonifiche fatte
 sulle piane costiere,
senza risanare il monte,
erano perciò precarie
e furono,in gran parte,
spazzate via…”
(G. Piovene
)

  
  Nei 50 Km di lunghezza ( asta principale) del Mesima , con i suoi 106 affluenti, e negli 8 Km del Petrace, con i suoi 141 affluenti, si può sintetizzare tutta la stupenda e terribile situazione idrografica della Piana di Gioia Tauro. Una sintesi fatta naturalmente in modo evasivo quanto evasivi, tortuosi e confusi sono stati fino ad ora gli studi, gli interventi progettuali e gli impegni di spesa sul rischio idrogeologico di questo territorio.
    Due corsi d’acqua principali di serie C, ma di per sé fortemente a rischio ( non parliamo del rischio e dell’enigma della diga sul Metramo perché discorso a sé stante e già affrontato su questo diario) e circa 250 affluenti, quasi tutti a carattere fortemente torrentizio, molti poco più che rigagnoli, quasi tutti a secco durante la stagione estiva.

   Bastano però solo due ore di piogge torrenziali per gonfiarli tutti a dismisura di acqua, anche i più innocenti e balbettanti.
    Ma in poche ore di pioggia i letti di queste fiumare, di questi torrenti , di questi petulanti rigagnoli imbestialiti cominciano  un travaglio immane di distruzione, di dissesto di ponti e strade, di trascinamento a valle di  fango, pietre, tronchi, cespugli, rifiuti d’ogni sorta, nell’assenza pressochè totale e annosa di intervento minimo manutentivo delle acque da parte della Provincia, ma anche dell’uomo della Piana che continua a considerare i corsi d’acqua terra di nessuno e cloaca di tutti.