mercoledì 29 gennaio 2014

“...'U DISSI PURU L ‘ABBATI CONIA, CA CU’ SETT'ORU NON SI CUGGHIUNIJA...”:

di Michele Sozzarra 

     E’ stata questa frase, ancora usata in alcuni  paesi della Piana per indicare l'importanza...delle cose importanti, ma anche la fama antica di questo originale poeta, e da me sentita per caso una sera di molti anni addietro a Nicotera, che mi ha spinto ad interessarmi e rivedere la produzione letteraria e la figura dell’abate Giovanni Conia, nato a Galatro nel 1752, primogenito di una famiglia di agiati contadini, e morto ad Oppido nel 1839, alla venerabile età di 87 anni, dove fu sotterrato nella Chiesa del Purgatorio( ormnai inesistente), senza neanche il ricordo di una lapide. In seguito furono disperse pure le ossa.
      Molte sono le questioni sollevate dalle incerte notizie che si hanno intorno alla sua vita, ma proviamo a domandarci lo stesso: chi era l'abate Conia? Da molti viene descritto come organista prestigioso, poeta, maestro del bel canto, cerimoniere ecclesiastico, oratore sottile e teologo; infatti, grazie ai suoi meriti di teologo, di oratore, di umanista, fu chiamato a far parte dell'Accademia Florimontana di Monteleone, ed il principe Filangelo Vibonese, al secolo don Raffaele Potenza, che ne era il fondatore, lo accolse con il nome di Florisbo Elidonio.
      Giovanni Conia, ordinato sacerdote nel dicembre
La vecchia cattedrale di Oppido
del 1777 dal Vescovo di Nicotera, al quale era stato presentato dal Vicario Generale di Mileto Francesco Lupo, da giovane aveva fatto parte del clero romano dove, segnalato per la sua dottrina e per la sua condotta, venne nominato predicatore apostolico e poté parlare anche alla presenza del Papa nella Cappella Sistina. Don Rocco Zerbi nel necrologio di Giovanni Conia afferma che questi era “d’intemerati costumi e menò vita illibata. Religioso senza ostentazione, virtuoso senza fasto, attivo senza consumo di forza, amico senza doppiezza”.
Ma, quando ormai si trattava di cogliere il frutto dei suoi meriti, Giovanni Conia abbandonò Roma. Tornato dalla Capitale si stabilì in luoghi come Limbadi, Orsigliadi, Caridà, Zungri, definiti dal Canonico Giuseppe Pignataro: “Paesi microscopici e remoti nei quali le cose e gli uomini diventano natura. Ma tra queste cose e questi uomini gli asceti e gli artisti avvertono potente la voce di Dio”.
     Fu anche arciprete della Chiesa di Santa Maria degli Angeli e di San Giorgio a Laureana di Borrello e nel mese di maggio del 1826 entrò a far parte del Capitolo di Oppido.
      Oratore di eccelse virtù, salì i migliori pulpiti, percorse in lungo ed in largo la Calabria reggina e parte del catanzarese per tenere panegirici, prediche quaresimali, orazioni funebri: il favore popolare lo assisteva, si racconta che ascoltare un suo panegirico era uno scialo di idee, di affetti e di entusiasmo.
In una delle sue poesie più famose, la Canzone faceta, proprio per questo suo peregrinare, dice: 

                             Pistatimi sta testa:
                                            cu tantu chi campai,
                      ancora no mparai
                      la Santa Cruci.
                              ‘Ncignai di li primi anni
                     pemmu ricivu ‘mbiti;
                     e mai ‘nci furu liti
                     pe la juta.
                             Ma poi pe’ la tornata
                    ognunu rifriddava,
                    ed eu spessu ‘ncappava
                    a billi balli.
                            Eu currijai lu mundu,
                    pruppiti non dassai:
                    festa non c'era mai
                    senza di mia.[…]


L'attuale seminario di Oppido
      Disseminava per ogni dove poesie in dialetto calabro ed in volgare, sollecitategli a destra ed a manca, al suo passaggio o durante il suo soggiorno, stante la conoscenza che si aveva del suo poetare. Non a caso le poesie del Conia si presentano come modello di lingua popolare viva, poiché in esse troviamo ritratte e trasfuse mirabilmente, le locuzioni speciali, la potenza espressiva del nostro vernacolo, la semplicità, il brio spassoso, l'arguzia fine, l'ironia mordace, i sottintesi tanto significativi; infatti le vicende di una gatta che rubava i pesci e li portava al suo padrone, di un asino o di un cognetto di alici, non potevano che esprimersi che nel dialetto parlato ogni giorno.I conoscitori dei nostri dialetti, riconoscono che il Conia considerava il nostro dialetto una vera e propria lingua, e per la bellezza dei suoi versi lo considerano “un antesignano del rinnovamento letterario”. C’è stato anche chi ha sostenuto che “quello che Dante ha rappresentato per la lingua italiana, Giovanni Conia lo ha rappresentato per la lingua calabra”.

Cesare Lombroso per mostrare l’eccellenza del dialetto calabrese e l’arte dei suoi poeti, trascrisse alcune versi del Conia, nei quali ha riconosciuto una “stupenda e vera poesia, tanto più che riassume la storia ed i pregi del calabrese vernacolo”.
        Nonostante tutto questo, ancora oggi, molte notizie sulla vita di Giovanni Conia rimangono incerte, anche se ci sono in giro delle ottime pubblicazioni.
      La prima è dello stesso Conia e porta come titolo: “Saggio dell'energia, semplicità, ed espressione della lingua calabra nelle poesie di Giovanni Conia” è dedicata al Signor D. Nicola Santangelo, Segretario di Stato e Ministro degli affari interni nel Regno delle Due Sicilie ed è stata pubblicata dai Tipografi Vescovili di Napoli nel 1834.
        Un’altra edizione dal titolo: “Giovanni Conia – Poesie complete” a cura di Pasquale Creazzo è stata pubblicata a Reggio Calabria presso la Società editrice reggina nel 1929.
Altra pregevole pubblicazione del 1980, edizioni Parallelo 38, “L’abate Giovanni Conia, Poeta dialettale calabrese – Testimonianze e poesie” del prof. Raffaele Sergio, il quale è anche l’autore del busto in bronzo di Giovanni Conia che si trova nel piazzale antistante il Municipio di Galatro.
Sempre nel 1980, sotto il titolo “Poesie calabre del Canonico Conia” mons. Giuseppe Pignataro ha curato e presentato la ristampa dell’edizione originale del 1834.
Sul mensile Proposte, nel numero di novembre del 1989, avevo chiuso il mio articolo sull’abate Conia scrivendo che, la ricerca poteva continuare…
        Ma, a dire il vero, non pensavo mai che venisse fuori uno scritto totalmente sconosciuto anche ai più approfonditi studiosi del nostro poeta; infatti, fino ad oggi, di Conìa sono state pubblicate solo le poesie. Per questo, mi considero fortunato di aver avuto la fortuna di far conoscere, grazie alla gentilezza della Signora Tina Mumoli-Martorana di Limbadi, l’elogio funebre che l’abate Conia, il 28 giugno 1817, quando era arciprete di Zungri, compose per l’anniversario della morte dell’Arciprete di Limbadi Don Andrea Mumoli.
       E’ questo un documento di grande importanza, perché contribuisce a far conoscere la vera dimensione culturale, oltre che oratoria, di Giovanni Conia.
       Da parte mia, la curiosità che ha suscitato la figura dell’abate Conia, anche attraverso i miei scritti, è stata una soddisfazione abbondantemente ripagata, dall’aver contribuito a far conoscere più approfonditamente questo grande Poeta galatrese, perché a dispetto di quanto affermava il Creazzo, che “il Conia ha avuto la sfortuna di nascere in quel di Galatro perché li poco o nulla si apprezza”, penso che è stato anche merito dei galatresi aver fatto si che Giovanni Conia non fosse dimenticato, ma venisse conosciuto e apprezzato, non soltanto da pochi esperti.
        E vi assicuro che questa, per un galatrese,come me, è una soddisfazione non da poco….




sabato 25 gennaio 2014

DUE I NEMICI DELLA MANIFESTAZIONE ANTIVELENI CHIMICI A GIOIA TAURO. ANZI TRE...

  di Bruno Demasi

  Due sono stati stamane a Gioia Tauro i nemici pericolosissimi della manifestazione antiveleni chimici a Gioia Tauro, organizzata, tra gli altri, dal gruppo fb "La piana di Gioia Tauro ci mette la faccia" : il tempo inclemente, che ci ha inzuppato fino alle ossa, ma soprattutto l'indifferenza delle persone più adulte, per le quali il passaggio vociante dei ragazzi e dei giovani per le vie del centro insieme a pochi anziani come me, aveva l'aria di sembrare più uno spettacolo di sfigati che una protesta civile e seria.
      Eppure è stata sicuramente una protesta molto civile e molto  seria. Lo si è visto sotto la volta semiannerita e buia della galleria del centro, dove ci si è rifugiati, quando, inatteso, si è materializzato il terzo nemico della manifestazione, cioè quell'impasto di personaggi della politica e di operatori TV, che  hanno animato una, per fortuna breve, passerella più o meno preconfezionata, lasciando subito dopo il campo a qualche rappresentante di associazioni operanti sul territorio, fra cui l'amica Carmela Centorrino, animatrice della pagina fb  e del raggruppamento "La piana di Gioia Tauro ci mette la faccia".
   Bravi, ragazzi, studenti, giovani che spontaneamente avete animato questa manifestazion e!
      Bravi a quanti, sganciati da ogni logica o convenienza di partito o di bandiera, sono stati presenti per gridare che il nostro diritto alla salute  non merita di essere trattato ancora una volta a pesci in faccia proprio da chi dovrebbe tutelarlo!
      Bravi quanti stamane sono stati a Gioia per dare il loro contributo di civismo e di solidarietà, forze dell'ordine in primis, senza attendersi nulla in cambio!

giovedì 16 gennaio 2014

UN CARICO DI VELENO NEL PORTO DI GIOIA TAURO!

di Bruno Demasi


    Il grave timore, appena ieri nutrito,  si e' regolarmente avverato. La scelta del porto in cui operare il "trasbordo" di ben 60 containers stracolmi di micidiali armi e sostanze chimiche prodotte dai Siriani è caduta con leggerezza  - guarda caso - sul porto di Gioia Tauro, a pochissima distanza da centri fittamente abitati, da asili, scuole e - neanche a farlo apposta - anche da quel monumento allucinante che ci ostiniamo a chiamare termovalorizzatore e che, probabilmente, secondo il nostro governo, ci ha già ampiamente abituato ai veleni...

     Invitiamo i ministri Bonino e Lupi ad assistere da vicino, molto da vicino( possibilmente su una scialuppa ormeggiata a pochi metri dalle due navi interessate), al trasbordo che hanno autorizzato con tanta leggerezza  e sulla "sicurezza " del quale ostentano una sicurezza che non condividiamo assolutamente.

mercoledì 15 gennaio 2014

ARMI CHIMICHE IN TRANSITO NEL PORTO DI GIOIA? DOMANI LA RISPOSTA DI EMMA BONINO!


   di Bruno Demasi
Rai news, riprendendo alcune indiscrezioni di stampa, ha informato che armi chimiche siriane potrebbero transitare per il porto di Gioia Tauro dopo il diniego opposto categoricamente da Cagliari e Brindisi.


   La notizia, poco e male diffusa da vari  mezzi di informazione, sta lasciando sgomenta la Piana più vigile, quella piana che "ci mette la faccia" (Vd. l'omonimo gruppo fb, "ospitato" in questo blog qualche giorno fa) e il cuore per lottare come meglio può contro ogni forma possibile di inquinamento o  contro ogni casua di quelle neoplasie che sempre più frequentemente interessano  larghi strati di popolazione nel nostro territorio.

    Ma di cosa si tratterebbe in concreto?

   Si parla di 350mila tonnellate  di armi chimiche che il regime siriano, come da accordi internazionali, si è impegnato a consegnare perchè siamno distrutte.  Sono già state caricate su una nave danese per poi essere trasferite su una nave americana che provvederà a distruggerle in alto mare. La diponiblità dell'Italia ad ospitare l'imbarcazione per alcune ore è stata confermata dal ministero degli Esteri, che ancora non ha annunciato a quanto pare quale possa essere il porto italiano in cui la nave farà tappa dopo il vehemente rifiuto opposto dai porti di Cagliari e Brindisi..
     L' ipotesi che tale porto possa essere quello di  Gioia Tauro non sarebbe peregrina, anche perchè l'alternativa sarebbe rappresentata da quello siciliano di Augusta. I due porti sarebbero adeguati per caratteristiche tecniche (distanza da un centro abitato e profondità dei fondali) ad ospitare per poche ore la nave.I vertici della Regione, tuttavia, secondo le agenzie, non avrebbero ricevuto dalle autorità di governo alcuna comunicazione, ragion per cui l'arrivo in Calabria delle sostanze chimiche dismesse dall'esercito siriano è al momento soltanto un'ipotesi.


     "Ora nel porto di Gioia Tauro c'è paura - come scrive oggi il Quotidiano della Calabria - ...Le ultime notizie a disposizione - afferma il sindacato( dei portuali)  - raccontano sempre più insistentemente che le armi chimiche provenienti dalla Siria e depositate in circa 1500 container sulla nave danese Ark Futura transiteranno per il terminal di Gioia Tauro per essere trasbordate successivamente sulla nave americana Cape Ray" "Quello che ci preoccupa - aggiunge - rispetto a tali notizie è soprattutto il silenzio istituzionale da parte di tutti gli enti preposti. A cominciare dalla Regione Calabria passando per l'Autorità Portuale e la Capitaneria di Porto di Gioia Tauro per finire al gestore del terminal, Medcenter Container Terminal Spa. Nessuna posizione di merito o di distinguo rispetto ad una problematica che se si realizzerà avrà un fortissimo impatto sulla sicurezza dei lavoratori, nell’eventualità di possibili danni a tali contenitori durante la movimentazione, nonchè sulla sicurezza del terminal intesa come attività di Security. 1500 contenitori di tale pericolosità da vigilare e monitorare richiederanno misure straordinarie trattandosi di sicurezza internazionale". "Pertanto - conclude Cozza - abbiamo richiesto un urgente incontro di merito alla Capitaneria di Porto, all’Autorità Portuale di Gioia Tauro e contestualmente al terminalista Medcenter Container Terminal Spa al fine di avere le necessarie informazioni sulla vicenda che ha necessità di essere affrontata con tempestività, competenza e risolutezza considerata l’estrema pericolosità delle sostanze trasportate..."
   A quando un  minimo di serietà e di chiarezza?


Torna su


MONDO

Secondo indiscrezioni stampa

Le armi chimiche siriane potrebbero transitare per il porto di Gioia Tauro

Giovedì 16 gennaio la decisione. Brindisi e Cagliari hanno detto no. Il passaggio delle armi chimiche rientra nelle operazioni internazionali per la pace in Siria




Le armi chimiche che il regime siriano si è impegnato, secondo gli accordi internazionali, a consegnare ai fini della loro distruzione transiteranno per l'Italia dove dovrebbero fermarsi per alcune ore.

Armi chimiche siriane
Si tratta di 350mila tonnellate caricate su una nave danese per poi essere trasferite su una nave americana che provvederà a distruggerle in alto mare. La diponiblità dell'Italia ad ospitare l'imbarcazione per alcune ore è stata confermata dal ministero degli Esteri. Resta invece da stabilire quale sarà il porto italiano in cui la nave farà tappa.

Ipotesi Gioia Tauro
Uno degli scali candidati per l'operazione di transito sarebbe, secondo indiscrezioni di stampa, quello calabrese di Gioia Tauro; l'alternativa sarebbe rappresentata da quello siciliano di Augusta. I due porti sarebbero adeguati per caratteristiche tecniche (distanza da un centro abitato e profondità dei fondali) ad ospitare per poche ore la nave. I vertici della Regione, tuttavia, secondo le agenzie, non hanno ricevuto dalle autorità di governo alcuna comunicazione, ragion per cui l'arrivo in Calabria delle sostanze chimiche dismesse dall'esercito siriano è al momento soltanto un'ipotesi.

La scelta il 16 gennaio
La scelta del porto italiano, secondo quanto riportato dalle stesse fondi di stampa ed attribuito al ministro degli Esteri Emma Bonino, sarà ufficializzata entro il 16 gennaio prossimo. 
- See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/armi-chimiche-siriane-porti-italiani-gioia-tauro-fcf7e52d-3055-454d-84a1-00d2cdf4e91f.html#sthash.JB7uxpUJ.dpuf


Torna su


MONDO

Secondo indiscrezioni stampa

Le armi chimiche siriane potrebbero transitare per il porto di Gioia Tauro

Giovedì 16 gennaio la decisione. Brindisi e Cagliari hanno detto no. Il passaggio delle armi chimiche rientra nelle operazioni internazionali per la pace in Siria




Le armi chimiche che il regime siriano si è impegnato, secondo gli accordi internazionali, a consegnare ai fini della loro distruzione transiteranno per l'Italia dove dovrebbero fermarsi per alcune ore.

Armi chimiche siriane
Si tratta di 350mila tonnellate caricate su una nave danese per poi essere trasferite su una nave americana che provvederà a distruggerle in alto mare. La diponiblità dell'Italia ad ospitare l'imbarcazione per alcune ore è stata confermata dal ministero degli Esteri. Resta invece da stabilire quale sarà il porto italiano in cui la nave farà tappa.

Ipotesi Gioia Tauro
Uno degli scali candidati per l'operazione di transito sarebbe, secondo indiscrezioni di stampa, quello calabrese di Gioia Tauro; l'alternativa sarebbe rappresentata da quello siciliano di Augusta. I due porti sarebbero adeguati per caratteristiche tecniche (distanza da un centro abitato e profondità dei fondali) ad ospitare per poche ore la nave. I vertici della Regione, tuttavia, secondo le agenzie, non hanno ricevuto dalle autorità di governo alcuna comunicazione, ragion per cui l'arrivo in Calabria delle sostanze chimiche dismesse dall'esercito siriano è al momento soltanto un'ipotesi.

La scelta il 16 gennaio
La scelta del porto italiano, secondo quanto riportato dalle stesse fondi di stampa ed attribuito al ministro degli Esteri Emma Bonino, sarà ufficializzata entro il 16 gennaio prossimo. 
- See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/armi-chimiche-siriane-porti-italiani-gioia-tauro-fcf7e52d-3055-454d-84a1-00d2cdf4e91f.html#sthash.JB7uxpUJ.dpuf

lunedì 13 gennaio 2014

QUEL PANE DEL SAPERE TROPPO DURO NELLA PIANA...LETTERA APERTA AL MINISTRO CARROZZA


        (di Bruno Demasi )

Gentile Sig.ra Ministro dell’ Istruzione, Università e Ricerca,



   ho appreso attraverso il web che Lei domani sarà in Calabria, proprio qui, nella nostra provincia o, per essere più precisi, solo nel capoluogo di provincia, per benedire due eccellenze nostrane: la laurea honoris causa al prof. Salvatore Settis, nella facoltà di Architettura dell’Università Mediterranea, e la visita al liceo scientifico “Da Vinci” di Reggio, con annessa presentazione di un libro di Lella Golfo.

   Sono, beninteso, due eccellenze che ci riempiono di giusto e sacrosanto orgoglio così come ci inorgoglisce anche la pregiata presenza di un ministro dell’istruzione, per giunta cattolicissimo,  in questo territorio, la cui eccellenza in termini culturali oltre che climatici e paesaggistici, volendo potrebbe annoverare più che illustri antecedenti in quella Magna Graecia di cui probabilmente in molti, specialmente certi politici, si sono forse  dimenticati...

   E tuttavia c’è un  neo, un quid fastidioso che in questa occasione ci turba, anzi ci opprime.

  
    No, nessun timore, signora ministra, non mi riferisco assolutamente all’antipatico ed esacrabile qui pro quo  da Lei vissuto col Suo collega Saccomanni a causa del quale il personale della scuola stava rischiando di restituire alle casse dello Stato (si dice ancora così?) quei pochi spiccioli sudatissimi che da anni erano stati messi in congelatore e “sbloccati” tardivamente nel 2013. Sono cose che capitano nel mondo della Scuola...

    E non mi riferisco nemmeno lontanamente ( lungi da me sia pure l’idea) a possibili forme di protesta in cui Ella potrebbe incorrere venendo in questa terra baciata da Dio, ma esecrata dagli uomini di buona volontà...
  La mia oppressione è un’altra: Lei è qui per onorare due eccellenze, ed è giusto, lo ribadisco, e ne sono lieto come ex uomo di scuola completamente libero di dire e scrivere ciò che pensa. Vorrei però farLe presente con tutto il rispetto due cosette da poco:

a)     di eccellenze scolastiche, ai vari livelli, ordini e gradi, ve ne sono numerose nella nostra provincia, sia nel capoluogo sia nelle disastrate periferie aspromontane, e in particolare nella piana di Gioia Tauro, anche se di esse probabilmente non scrive il Sole 24 ore, forse perchè a questo genere di organi di stampa che ricevono fior di quattrini di contributi statali, non interessano tutte le vere eccellenze, specialmente quelle silenziose e condite da sacrifici veri, ma solo alcune che fanno notizia;
b)     accanto alle eccellenze però c’è la gran parte delle scuole, specialmente nelle periferie urbane e soprattutto nelle zone marginali, che versa in  incredibili condizioni di degrado, e non solo strutturale, ma soprattutto didattico e progettuale , che fa continuamente i conti con realtà territoriali disgregate e spesso violente, che non riesce a coniugare quotidianamente le sparute risorse di cui dispone con i molteplici e pressanti bisogni del territorio, delle famiglie, dei ragazzi molte volte abbandonati a se stessi (specialmente nel sommerso pauroso della precarissima scolarizzazione, quando esistente, degli immigrati).

     Ecco, sarei meno oppresso se sapessi che il ministro dell’Istruzione, per giunta un ministro cattolico, visitasse non solo i luoghi di eccellenza, ma soprattutto i mille  ghetti impropriamente definiti scuole in cui si lotta quotidianamente  per ottenere riscaldamenti, buoni libro, mense scolastiche realmente aperte a tutti, classi vivibili per numero di allievi, docenti  curricolari e di sostegno aggiornati e consapevoli della loro funzione, strade e trasporti almeno  un po’ meno dissestati di quanto non lo siano adesso...



     Sarei soprattutto meno oppresso se finalmente un ministro dell’Istruzione, facendosi carico dei tremendi problemi di retroguardia in cui annaspano tantissime delle nostre scuole (lacerate – tra l’altro – da “ piani di dimensionamento” cervellotici e infami) prendesse chiara e netta posizione contro i tagli del personale, delle classi e delle risorse nelle nostre scuole e si domandasse ad alta voce insieme a noi: QUALE  FINE HANNO FATTO O STANNO CONTINUANDO A FARE  I FINANZIAMENTI DISPONIBILI PER IL “MIGLIORAMENTO DELL’OFFERTA FORMATIVA” , I P.O.R., I P.O.N. E PER QUEI PERCORSI DI VERA FORMAZIONE PROFESSIONALE, ALTERNATIVI SUL SERIO ALLE SCUOLE DELLA MANOVALANZA NDRANGHETISICA, CHE NELLA PIANA DI GIOIA TAURO NON CI SONO MAI STATI E CONTINUANO A NON ESSERCI?

 
   La saluto, gentile ministro,e Le auguro di conoscere qualche volta da vicino la realtà vera dell’istruzione in questa terra di sviolinate, zagare, profumi, veleni, soprusi, vandalismi,  povertà ....ed eccellenze cover...

(Trasmessa, via email, al Ministro il13.01.2013)

venerdì 10 gennaio 2014

COME FA “ PIANA” A FARE RIMA CON “CITTA’ METROPOLITANA”...?


   In tutto l’affaire connesso con il tramonto coatto dell’ amministrazione provinciale e la nascita della città metropolitana di Reggio Calabria ( o di quella fumosissima espressione geografica che viene definita molto sottovoce “area metropolitana”) quale funzione, quale fisionomia istituzionale potrà avere la Piana di Gioia Tauro?

   Domanda estremamente pericolosa e di difficilissimo responso...Al massimo si può cercare di individuare nelle pieghe, molto polverose, della legislazione e della normativa vigente quale potrà essere ragionevolmente la sorte dei 33 comuni della Piana di Gioia Tauro nei prossimi anni. Cerco dunque di procedere con ordine e – mi auguro - con la  pazienza certosina che la materia richiede....
   C’è un articolo della Costituzione, la cui “riforma” stranamente non ha scatenato le (giuste) ire di nessuno ed è stato modificato alla chetichella. Si tratta dell’art.114 che inizialmente recitava “La Repubblica si riparte in Regioni, Provincie e Comuni”, mentre ora, per effetto della “legge costituzionale” 18 ottobre 2001, n. 3 , così si esprime : “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principî fissati dalla Costituzione...”
     Prevista dalla legge 142/90 e successivamente regolamentata dal Testo Unico 267/2000 all’art. 23, la “Città metropolitana” è nata dalla necessità, negli anni 90, di risolvere problemi di fenomeni di aggregazione urbana presenti di fatto sul territorio nazionale e quelli relativi alla conurbazione sul piano istituzionale di realtà periferiche con realtà locali più definite e centrali  in “aree metropolitane” e  in una logica non meglio definibile di “accentramento” o di “decentramento”. La legge 3 agosto 1999, n. 265 che modificava in parte la legge 142/90 all’art. 16 introduceva però  l’iter procedurale delle proposte degli enti locali interessati e gli adempimenti della regione. Le aree metropolitane definite dalla legge erano comunque  9 nelle regioni a statuto ordinario e 5 nelle regioni a statuto speciale.
      
Nelle aree metropolitane quindi, in base al nuovo ordinamento, si costituiscono  “città metropolitane” fornite di un proprio statuto, propri organi e competenze. Poiché l’art. 114 della Costituzione, ante riforma, al  titolo V, dichiarava espressamente che “La Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni” non ammettendo la creazione di altri enti territoriali, il legislatore ha dovuto far coincidere la “Città Metropolitana” con la “Provincia”, ente di piena rilevanza costituzionale, e , di rimando,  l’“area metropolitana” è stata fatta coincidere col territorio provinciale. Tale Provincia può essere quella preesistente di cui il comune maggiore era capoluogo, come può essere ampliata con l’inclusione di altri comuni o ridotta per l’uscita di comuni che costituiscono così nuove province o si aggregano ad altre preesistenti.
     Reggio Calabria come “Area Metropolitana” è stata
prevista dal “ Progetto di legge 142/2006 “ della Regione Calabria con la prospettiva di una integrazione con la Provincia di Messina e sarebbe compresa tra i Comuni di Bagnara Calabra e Melito di Porto Salvo. Sempre Reggio Calabria è stata invece riconosciuta “Città Metropolitana” con la Legge 5 maggio 2009, n. 42 .
      Salve novità legate alla soppressione di tutte le province, con l’istituzione della Città Metropolitana la Provincia di Reggio Calabria è soppressa a decorrere dal novantesimo giorno successivo al rinnovo degli organi del Comune di Reggio Calabria  e a completamento della procedura di commissariamento ai sensi dell’art. 143 del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, tra cui il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni .
      La Giunta Regionale  calabrese il 15 aprile 2009 ha varato un provvedimento che istituisce le “polarità urbane di riferimento”:1) Reggio Calabria ( da Melito P.S. a Bagnara) 2) Locride 3) Piana di Gioia Tauro.
Le tre polarità urbane , 96 Comuni, legati dalla prospettiva di uno sviluppo organico (economico, sociale, culturale etc) dovrebbero  costantemente mantenere un dialogo per una programmazione di crescita globale: L’area metropolitana infatti  non dovrebbe scalfire  l’autonomia comunale, ma costituire  una opportunità di coesione territoriale .
   
  Creare una inversione di tendenza a novanta gradi nella “Piana di Gioia Tauro” : riprogrammazione della sanità, viabilità, conurbazione, rapporti con l’area industriale ed integrazione dell’area portuale nel contesto del territorio, agricoltura, ambiente; prevenire e bloccare la spoliazione del territorio da uffici ed attività esistenti (camera di commercio, attività portuali , reparti ospedalieri…..) dovrebbero essere i cardini su cui far poggiare questa nuova realtà amministrativa di cui la Piana andrebbe a far parte, ma   allo stato dei fatti mi sembrano solo enunciazioni di principio e non sembrano tenere conto in alcun modo della realtà vera del nostro Territorio che appare soprattutto oggi dilaniato da mille problemi di sopravvivenza sia sul piano civico e istituzionale sia sul piano economico e sociale..


lunedì 6 gennaio 2014

"LA PIANA DI GIOIA TAURO CI METTE LA FACCIA" !

Una pagina di Facebook che nasce “ in virtù dei troppi casi di tumore” nella Piana di Gioia Tauro. Chiunque può postarvi foto o raccontare la propria storia o più semplicemente scrivere e postare con foto un biglietto con su scritto: "NON VOGLIO MORIRE DI CANCRO”. 

 di Bruno Demasi
 
   E’ nata soltanto a metà ottobre scorso la nuova pagina di Facebook "La piana di Gioia Tauro ci mette la faccia" che , a oggi, ha già raggiunto oltre 8.300 "mi piace". Non è una pagina come tante altre nate, per divertire, divertirsi, ingannare il tempo, esibirsi, ma ha uno scopo ben preciso e di una importanza fondamentale: DIRE BASTA A TUTTI I CASI DI CANCRO CHE SI STANNO VERIFICANDO NELLA PIANA.
    La pagina è stata ideata e creata da Carmela, una giovane trentaquattrenne di Gioia Tauro la quale, dopo aver visto già morire il nonno di questa grave malattia, adesso si trova a dover rivivere certi momenti e paure perché anche la sua sorellina Federica, di soli 22 anni, si trova a combattere contro lo stesso "nemico".
    Scopo della pagina è quello di raccogliere le testimonianze da parte di coloro che si sono dovuti
trovare in passato, o si trovano tutt'oggi, a dover affrontare la sua stessa situazione. O più semplicemente unire le voci di tutte le persone che dicono basta alle morti a causa del cancro. In questa terra apparentemente addormentata, rassegnata, insensibile, tantissime sono state e continuano ad essere le risposte all'appello di Carmela, soprattutto giovani, che si sono fatti fotografare (mettendoci appunto la faccia) con un cartello in mano nel quale è raccontata la loro storia. Testimonianze, chiare, precise, struggenti, come
quella di Bernadette, di soli 8 anni, che racconta del nonno morto pochi mesi fa per un tumore ai polmoni, o quella di Federica – la sorella di Carmela – proprio lei ad essere ammalata di cancro che scrive: "Mi chiamo Federica ho 22anni...anch'io ci metto la faccia! Da circa 9 mesi sto combattendo contro questa bestia!io voglio vivere la mia vita quindi aiutatemi a combattere questa guerra! Ho visto tante persone morire con questa malattia... Quindi tutti insieme malati e non possiamo farcela".
    Situazioni vere, dunque, che si vivono tutti i giorni. Non esiste famiglia ormai che non conosca questo
male. E non è un mistero ormai il fatto che nella nostra zona i casi sono sempre più in aumento. In alcuni ospedali del Nord Italia, quelli che ospitano gli ammalati che compiono il cosiddetto "viaggio della speranza", è stato riscontrato come i casi di cancro al Sud siano notevolmente superiori rispetto al resto del Paese. Colpa delle ecomafie, dell' inceneritore, dell’inquinamento provocato dall’uso indiscriminato di anticrittogamici o , più semplicemente, della terribile negligenza di cittadini e
politici? Non ci è dato saperlo, ma sicuramente è giunto il momento di prendere atto di quale sia la situazione nel nostro territorio e di lottare SUL SERIO per dire basta con le morti di cancro, per dire basta alla gestione clientelare e inefficace della sanità, per dire basta al silenzio che fino ad ora ha coperto tante, ma tante responsabilità...



giovedì 2 gennaio 2014

LA DIGA SUL METRAMO: RISORSA D’ECCELLENZA O MINACCIA ECCELLENTE PER LA PIANA?

di Michele Scozzarra

      Calcolando dal lontano 1973, quando se ne ipotizzò concretamente la realizzazione sulla base di vari studi effettuati negli anni precedenti, fino al 6 aprile del 2013, quando è stata inaugurata, la diga sul Metramo ha impiegato esattamente 40 anni, o giù di lì, per vedere maldestramente la luce.

      Realizzato con questi tempi biblici in contrada Castagnara, tra l'Aspromonte e le Serre vibonesi, nel

territorio di Galatro e San Pietro di Caridà, progettato da Giuseppe Baldovin, per l’approvvigionamento idrico di quello che avrebbe dovuto essere il cd Quinto centro siderurgico, ma che rimase in sostanza solo uno dei tanti blasoni di letame all’occhiello della prima Repubblica, il bacino più alto rilevato in terra (100 metri) mai realizzato in Italia, domina il centro termale di Galatro e la Piana di Gioia Tauro ed ha cambiato nel corso degli anni destinazione, attraverso una gestazione caratterizzata da blocchi prolungati dei lavori, rifinanziamenti pesantissimi ,ma a singhiozzo, delle opere e che ancora deve essere completato con le indispensabili opere di canalizzazione verso valle dell'acqua . Costi
dunque quasi decuplicati rispetto ai calcoli preventivi, spesso giustificati in modo generico e frettoloso con la forte inflazione registrata a fine anni Settanta e agli inizi degli anni Ottanta nonchè dalle crisi economiche susseguitesi ed esplose a catena nell’ultimo decennio.

    Il Consorzio di bonifica per la piana di Rosarno , proprietario della struttura, attraverso i suoi tecnici accredita la diga sul fiume Metramo come la più grande d'Europa nel suo genere, in quanto dotata di un muro di sbarramento alto 102 metri e capace di contenere oltre 26 milioni di metri cubi di acqua. Un'infrastruttura di eccellenza , dunque, ma la cui realizzazione – si dice - è stata resa ancora più difficile dalla scarsità di materiali presenti nell'area e con un invaso ricadente in un territorio ad «alta sismicità» . Un’opera che sarebbe venuta a costare , sempre secondo i calcoli fatti dai tecnici del Consorzio, 388.750.000.000 di lire, tra perizie di variante, costi aggiuntivi dovuti a cantierazioni discontinue e a lunghi contenziosi che si sono trascinati. Un’infrastruttura che allo stato attuale potrebbe però apparire sostanzialmente inutile, se non potenzialmente pericolosa, se lo stesso Consorzio non avesse individuato tre possibili destinazioni dell’opera: uso irriguo, uso industriale per l'approvvigionamento di

acqua potabile in un bacino che può andare molto al di là del territorio provinciale, e uso energetico, con il possibile posizionamento di una centrale idroelettrica di cui da tempo si parla e che l’ENEL si sarebbe dichiarata disposta a realizzare a costo zero per la collettività, unitamente a buona parte delle opere di canalizzazione ancora mancanti.

     Se questo è vero, se queste tre destinazioni (ed altre sbrigativamente trascurate, come quella turistico-paesaggistica) e le soluzioni che emergono sono realmente possibili, si abbia il coraggio di attuarle , e subito, bandendo ogni forma ulteriore di dubbio o di preoccupazione che le cittadinanze interessate, anzi l’intera Piana, stanno nutrendo. E non solo nella reale volontà di rendere efficace un’opera tanto imponente , ma anche per quanto concerne la certificazione concreta della sua sicurezza sotto tutti gli aspetti , compresi i sistemi di monitoraggio della struttura , dell’invaso e dell’area a

valle, i piani e i sistemi di allarme e di emergenza in caso di calamità naturali in un territorio notoriamente ad alta valenza sismica, i piani di controllo e di predisposizione di quanto necessario nell’ipotesi – ci si augura remota – di necessità di evacuare le aree più immediatamente interessate.

     Grande dibattito, dunque, ancora aperto, molti fiumi di inchiostro, di parole e ...di acque poco o punto controllabili...al punto che tergiversare ancora, perdere pretestuosamente tempo significherebbe realmente non solo vanificare la valenza residua di quest’opera come un volano dell’economia locale, ma anche aumentare in modo colpevole l’entità di questo che allo stato dei fatti è già un grande e preoccupante problema non solo per Galatro e i paesi vicini, ma per l’intera Piana.