domenica 8 marzo 2015

NUOVO ALLARME BAVAGLI ALL'INFORMAZIONE CALABRESE

                                       di Luciano Regolo
   Nel giorno dedicato a tutte le donne – cui questo blog porge ogni augurio di Bene - ospito un bel pezzo dedicato alla recentissima e amara vicenda di una giornalista calabrese, Enza Dell'Acqua. Il pezzo è di Luciano Regolo, lo scrittore, saggista ( Ne ricordo la stupenda biografia di Natuzza Evolo) , giornalista, già direttore dal 2013 de l’Ora della Calabria, quotidiano chiuso un anno fa dall’editore dopo la denuncia di Regolo nei confronti del senatore Tonino Gentile (Ncd) di aver fatto pressioni sull’editore stesso per impedire l’uscita di un articolo dove si raccontava di un'inchiesta in corso sul figlio Andrea Gentile. Un grazie all'autore, che anima insieme con alcuni giornalisti reduci dall"Ora" il bel blog "L'Ora siamo noi"  (Bruno Demasi).
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    Ancora un triste allarme sul fronte della libera manifestazione del pensiero, sempre più insidiata, in Calabria, dalla logica “cinghialesca” dei politici e dei (pre)potenti. Enza Dell’Acqua, che scrive per il “Quotidiano del Sud”, mi ha riferito personalmente il grave episodio di cui è stata vittima e per il quale ha sporto querela pochi giorni fa.
Il suo racconto credo basti a far accapponare la pelle: «Martedì sera (il 3 marzo scorso, ndr) sono stata minacciata da ***, assessore alle politiche giovanili del comune di Nicotera, la mia città. Quella sera ero andata al municipio per seguire la seduta del consiglio comunale. Ad un certo punto, mi alzo per andare via, e, mentre ero già nell’atrio, sono stata avvicinata da *** che, con atteggiamenti minacciosi, mi ha intimato di non scrivere più di lui, né su Facebook, né sul giornale, altrimenti, mi ha detto testualmente: “Vengo a trovarti a casa, vengo io personalmente”… E non credo proprio che mi abbia annunciato questa visita per portarmi dei fiori. *** ha ribadito lo stesso concetto più volte, e sempre con toni aggressivi e intimidatori. Gli ho chiesto quindi, ovviamente con una domanda retorica, se mi stesse minacciando. E l’assessore mi ha risposto che si trattava di un “consiglio”. Dopo avermi elargito questo “consiglio”, *** ha girato i tacchi ed è tornato a sedersi tra gli scranni e, come se nulla fosse, ha ripreso a parteciparte ai lavori del consiglio».
   Enza, ferita nella propria dignità, oltre che scossa per i toni minacciosi dell’assessore, però decide di non arrendersi, di levare il capo, perchè sa che il silenzio e la quiescenza non fanno che alimentare l’intollerabile vocazione al sopruso e alla pressione dilagante, da decenni nella politica e nell’imprenditoria calabrese.
  Mi ha raccontato ancora: «Nonostante fossi sconvolta per l’accaduto, sono rientrata nella sala consiliare e mi sono rivolta, ad alta voce, a ***, invitandolo a ripetere davanti a tutti quanto mi aveva detto pochissimi minuti prima. L’assessore, allora, pubblicamente, ha ammessso di avermi detto “di non scrivere di lui”. Poi, mentre io lo incalzavo, a ripetere con le stesse parole, la minaccia che avevo subito, lui ha cominciato ad insultarmi, definendomi “psicopatica”. Per me era abbastanza. Ho lasciato il Comune e mi sono precipitata alla stazione dei Carabinieri più vicina, dove ho sporto querela contro *** per minacce e insulti. Aggiungo soltanto che quanto ha detto sul mio conto l’assessore in sala consiliare è stato da me registrato».
   La testimoninanza di Enza è agghiacciante sotto molti punti di vista. È assolutamente paradossale che un assessore mentre partecipa ai lavori di un consiglio comunale, esercitando, quindi, uno dei diritti-doveri più antichi nelle conquiste della democrazia, calpesti così pesantemente la libertà di manifestazione del pensiero (costituzionalmente tutelata) di una scrivente, per giunta sua concittadina. Ma non si è limitato a questo: prima le ha annunciato una “visita” se non avesse accettato il bavaglio che lui le stava imponendo, poi, quando Enza, con prontezza e spirito combattivo, ha divulgato l’episodio in piena assemblea consiliare, l’ha offesa trattandola da matta, da “psicopatica”, per altro senza rendersi conto che la semplice richiesta a Enza di non scrivere più sul suo conto, da lui pubblicamente ammessa, è già di per sé un fatto grave.
   Non sono e non devono essere né i politici, né qualunque altro soggetto al di fuori della redazione, a decidere che cosa trattare o meno sulle pagine di un giornale, fermo restando che chiunque si senta diffamato da un articolo dispone di tutti gli strumenti legali per procedere nella difesa della propria reputazione. Nè sono i politici, o altri soggetti in nome del loro prestigio sociale a decidere come e quando manifestare liberamente il proprio pensiero anche quando chi lo fa non è giornalista. Neppure l’offesa o la calunnia, eventualmente subite, danno facoltà, in uno stato di diritto, a chi le ha ricevute di procedere personalmente con l’aggressione verbale o fisica, con gli insulti o con altre pressioni più o meno plateali.
   Il malcostume intimidatorio invece prosegue inalterato qui in Calabria, quasi fosse la normalità e chi si ribella diventa il pazzo, oppure il distruttivo, il nemico dei calabresi. I prepotenti cercano sempre di isolare, screditare o sminuire chi alza la voce e attira l’attenzione sulle libertà violate, perchè il fine ultimo in questo sistema è sempre fare in modo che la palude stagnante non venga agitata in alcun modo e si prosegua nel controllo assoluto dello status quo.
   Come si fa a essere eletti in una lista che, se non vado errato, reca il nome di “Patto per la legalità” e poi lasciarsi andare a certi comportamenti oppure semplicemente avallarli con il proprio silenzio? E qui è evidente che il sindaco di Nicotera dovrebbe prendere seri provvedimenti verso *** che lui ha chiamato a far parte della sua giunta, visto che l’episodio si è addirittura consumato nella sede del Municipio, denotando un’evidente mancanza di rispetto anche per il ruolo che ricopre, oltre che una visione piuttosto soggettiva di ciò che possa ritenersi “legalità”. A gesti così foschi bisogna replicare con misure adeguate che scoraggino una volta per sempre il prosieguo di certe prepotenze. La Dell’Acqua ha mostrato coraggio, grinta e notevole capacità di reagire anche in una situazione emotivamente pesante. Ma tutto ciò rischia di essere vanificato se Enza resterà sola. In casi come il suo occorre che la magistratura si muova tempestivamente, cosa che qui in Calabria non accade praticamente mai e noi dell’Ora della Calabria lo sappiamo molto bene, dal momento che ancora deve tenersi la prima udienza nel processo che vede imputato lo stampatore Umberto De Rose “per violenza privata” a causa del blocco della rotativa che simulò, la notte tra il 18 e il 19 febbraio, per non fare uscire la notizia relativa all’inchiesta della magistratura aperta a carico del figlio del senatore Gentile, dopo l’orrenda telefonata minacciosa che io registrai e con la quale voleva convincere l’editore a farmi “cacciare” l’articolo in questione. E sorvolo su tutte le mancate notifiche e su tutte le curiose modalità, da parte della Procura di Cosenza, che ho ravvisato in questa brutta storia che va avanti da olte un anno.
   Per porre argine alle cinghialate che umiliano la libertà di manifestazione del pensiero occorre poi la reazione delle istituzioni e dell’intero mondo politico: in una comunità sana, indipendentemente dai colori di partito, dovrebbero essere i più gli esponenti, le “cariche”, pronte a levarsi di fronte a comportamenti così minacciosi in spregio ai valori più elementari del vivere civile. Invece qui accade il contrario, l’atteggiamento prevalente è il far finta di nulla, il lavarsi le mani pilatesco, il silenzio pubblico, a volte accompagnato da manifestazioni private di solidarietà, soltanto per tenersi buoni sia l’aggressore, sia la parte lesa, che se è giornalista potrebbe magari far notare il mutismo e quindi nuocere ai propri interessi.
   Solo pochi politici, come i parlamentari calabresi del Movimento Cinque Stelle, hanno preso una forte posizione a sostegno della Dell’Acqua. E la stessa cosa accadde nell’Oragate, ricordo che l’allora presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti, dopo avermi telefonato per dirmi che, facendo troppo baccano sulla vicenda, stavo “nuocendo alla sua coalizione”, prese le pubbliche difese sia di Tonino Gentile, sia di De Rose, sostenendo che in Calabria le rotative “si rompono spesso” e adoperandosi per la conferma dello stesso stampatore alla presidenza di Fincalabra.
   Nella registrazione della dell’Acqua, poi, emerge tristemente che non soltanto il panorama politico nicoterese non ha preso le sue difese, mentre lei durante la seduta del consiglio comunale, denunciava ciò che aveva subito, ma addirittura i più volevano zittirla. Addirittura, a un certo punto, si sente il presidente del Consiglio Comunale, Michele Melidoni (nel ruolo di garante della libertà del dibattito) urlare: “Lei non deve interrompere il Consiglio”. Poi addirittura invita il comandante dei vigili urbani a farla allontanare. Enza insomma viene scacciata dall’assemblea consiliare del suo comune di appartenenza, un gesto incredibile. Come mi risulta assurdo e scioccante il silenzio degli colleghi giornalisti presenti in consiglio per seguire i lavori dell’assemblea. Neppure il consigliere di opposizione, Pino Brosio, (che fra l’altro è firma di un quotidiano locale) ha proferito parola in difesa della Dell’Acqua. Nel filmato lo si vede bere disinvoltamente dalla sua bottiglietta d’acqua, mentre Enza viene mandata via.
   Per stoppare le prepotenze contro la libertà manifestazione del pensiero, è necessario che anche la società civile reagisca con prontezza. Storie come quelle di Enza devono essere spunto di riflessione per tutti, se ne deve parlare: è un modo sano per educare anche le giovani generazioni alla ferma opposizione contro certe logiche che per troppo tempo sono state viste come la normalità, come qualcosa alla quale comunque è meglio non opporsi per non avere problemi peggiori. Occorre che tutti i giornalisti calabresi facciano fronte compatto che, senza cedere ai particolarismi e alle sciocche rivalità, facciano rete, in ogni testata prendendo ferma posizione in difesa dei diritti violati, quelli dei giornalisti, ma anche quelli di ogni cittadino che intenda liberamente manifestare il proprio pensiero.
    Qui è in gioco il rapporto tra le istituzioni e il cittadino, la logica primaria della democrazia e la
necessità che a tutti sia garantita trasparenza, libertà, ascolto e rispetto nel circuito delle informazioni. Un sistema dove soltanto un elemento viene minato in tali termini nell’esercizio di quest’ultimo, è anche un sistema che non è sicuro per nessun giornalista e dove non potrà mai esistere un’informazione piena e trasparente. E mi riferisco a chi voglia fare realmente questo lavoro, con coscienza e onestà. Il segretario regionale dell’Fnsi, Carlo Parisi, ha mostrato coi fatti, e non soltanto nella vicenda che i colleghi dell’Ora e io abbiamo vissuto in prima persona, di essere un punto di riferimento e di raccordo valido per replicare a ogni genere di sopruso verso i giornalisti. Grazie al suo intervento, più volte sono riuscito a spezzare il senso di isolamento in cui, purtroppo, precipita chi vive minacce di questo genere. 
   Per questo è importante proseguire nella denuncia, cercare con il sostegno del sindacato, non soltanto di ottenere la giusta tutela legale, ma anche di fare in modo che il grido in difesa della libera informazione travalichi i confini, spesso ristretti o resi tali dalle nebbiose cappe create dai potentati occulti, dei luoghi in cui si consumano i soprusi, per fungere da stimolo all’intera comunità regionale e creare le premesse per un baluardo duraturo.