sabato 11 aprile 2015

LE ROTAIE ARRUGGINITE NELLE COLONIE DEL SUD

di Bruno Demasi
    La pia illusione che la Calabria e le regioni limitrofe siano ancora in Europa è avvalorata dal fatto che siamo oberati dalle stesse tasse, o forse maggiori, che si pagano da Roma in su, dal dato reale che l’evasione fiscale più diffusa e gli scandali di corruzione miliardari si registrano più al Nord che al Sud e dalla progressiva eliminazione dei treni dalle nostre parti.
   Le recenti decisioni del governo Renzi circa gli investimenti ferroviari ci hanno presentato infatti un capolavoro di equilibrio matematico e un monumento vero e proprio alla sproporzione come mai si era forse registrato dall’Unità d’Italia a oggi: il  98,8%  delle risorse ( in totale quattro miliardi e ottocentocinquantanove milioni di euro finanziati dal cosiddetto "Sblocca -Italia", cioè anche con le tasse pagate dal Sud) è andato  al Centro-Nord  e un ridicolo 1,2% del Sud. Un colpo da maestri inferto in sordina al Meridione che è stato definitivamente tagliato fuori dall’Europa che conta, da un mercato che prevede nel prossimo futuro il progressivo spostamento del traffico merci dalla ruota alla rotaia. Le direttive dell’Unione Europea hanno infatti previsto di spostare entro il 2030, dalla strada alla ferrovia o al mare almeno il 30% del traffico merci, e almeno il 50% nel 2050. Cifre altissime ed eloquenti, considerando i dati odierni che vedono il trasporto su strada dominatore incontrastato.
    Sotto tanti aspetti l’agonia del Sud continua ad essere opinabile, specialmente negli annunci parolai dei politici di turno, sotto l’aspetto del trasporto su rotaia invece è un paziente in coma irreversibile. I dati sono infatti sconvolgenti se prendiamo ad esempio alcune caratteristiche fondamentali per la percorrenza dei treni merci: la sagoma e la lunghezza. Per sagoma si intende le dimensioni massime del complesso carro-container rispetto alle caratteristiche morfologiche del tratto di linea, così come la lunghezza di un treno dipende dalle particolarità dell’infrastruttura. Le carenze infrastrutturali che già oggi impediscono lo sviluppo e lo scambio commerciale del Sud con il resto dell’Europa proseguiranno ad essere tali anche nel prossimo futuro. In sostanza, non è possibile trasportare merci su ferrovia al Sud perché queste non passerebbero per le gallerie. Per non parlare della Sicilia che nel settore ferroviario è strutturalmente indietro di 50 anni.
    Considerando che lo stretto di Messina è il tratto di mare più attraversato da camion in Europa e il porto di Gioia Tauro il più grande porto container italiano, per non parlare dello scalo di Marcianise, il potenziale per uno sviluppo commerciale ci sarebbe tutto e se al posto dell’irrisorio 1,2%, avessero destinato al Sud il 30% (quanto territorialmente meriterebbe, o quasi) delle risorse stanziate, forse la situazione sarebbe almeno migliorata, consentendo al Meridione quantomeno di arrancare per qualche tempo.
    E’ però evidentissimo, visto il silenzio assoluto dei governatori delle regioni meridionali, in altre faccende molto affaccendati, e dei media di regime, che nei piani governativi il Sud è destinato a restare fuori dall’Europa sebbene dissanguato da tasse e balzelli di ogni genere più di quanto non lo siano quei signori che con sfrontatezza vogliono mantenere in ogni modo possibile questo status quo.