lunedì 4 maggio 2015

LA “BUONA” PESSIMA SCUOLA : E' INDISPENSABILE MOBILITARSI IL 5 MAGGIO

di Bruno Demasi
    Pochissime le realtà scolastiche esistenti, e non solo nella Piana di Gioia Tauro, in grado di fronteggiare compiutamente le sfide ataviche della lotta all’analfabetismo di ritorno, ai rigurgiti della formazione alla criminalità e quelle riguardanti i tagli alla spesa, il caos strutturale nella dislocazione e gestione degli edifici, la logica di spendere per spandere con cui abitualmente si affrontano i programmi miliardari FSE e FESR senza serie ricadute sulla crescita sociale e civile, oltre che culturale, degli alunni o della grande maggioranza degli alunni.
    Un’offerta formativa che i piani di “razionalizzazione” delle scuole sul territorio hanno reso, oltre che caotica, ripetitiva, stucchevole, ma per certi settori completamente carente. Una proliferazione cervellotica di istituti comprensivi di scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di I grado che nei centri più grossi, insieme alle scuole superiori, marciano affiancati e in stato di assoluta conflittualità tra loro con acrobazie di marketing tese ad accaparrarsi con ogni mezzo il maggior numero possibile di alunni.
    Un personale docente e non docente che nell’85% dei casi è pendolare e si ritrova a fare i conti quotidianamente con una rete stradale da terzo mondo, sulla quale a stento ogni mattina transitano anche i pullman che sballottano di qua e di là la “merce” discente abbandonata a se stessa nel grandissimo limbo, quando non inferno vero e proprio, che si apre davanti a loro prima dello squillo della campanella di entrata e dopo lo squillo della campanella di uscita.
    In questa dimensione arrancante della scuola, in cui per una malintesa paura di esporre i problemi e le difficoltà, si tacciono e si coprono pudicamente i mille problemi quotidiani da retroguardia per sbandierare soltanto gli sparuti successi di gruppetti selezionatissimi di allievi, il più delle volte bravi di per sé, in questa terra di nessuno in cui i buoni libro arrivano, quando arrivano, a metà anno scolastico e in cui l’applicazione da parte dei collegi dei docenti e dei consigli di classe e di interclasse delle “Indicazioni nazionali” sulla didattica è lasciata all’improvvisazione o alla buona volontà del singolo, piovono i ridicoli dettami della “Buona Scuola” sbandierata dal governo in carica, dai suoi bravi e dalle sue ninfe egerie come la panacea vischiosa per tutti i mali possibili.
    Come si può pensare di risolvere tutti i mali dando solo un potere indiscriminato ai dirigenti scolastici e verticizzando più che mai la loro funzione già da adesso autoreferenziale, come e più di quella affidata dai politici ai dirigenti degli uffici territoriali, avulsa da concreti collegamenti con i reali bisogni dell'utenza scolastica? Come si può credere di valutare l’operato dei docenti secondo parametri affidati prevalentemente al lecchinaggio, alle simpatie e alle antipatie da pollaio, col rischio enorme di penalizzare le persone serie e sempre presenti a scuola e di premiare gli assenteisti di mestiere e i ballerini di turno che anziché svolgere il loro lavoro in umiltà nelle classi si gingillano quotidianamente in allestimenti di vetrine del nulla e per pochi?
    E come si può pensare di ridare alla scuola la dignità smarrita con un rigurgito dittatoriale, lasciando in piedi il carrozzone fallimentare dell’affidamento delle strutture ad enti locali in conflitto tra loro e norme capestro che penalizzano i centri più poveri e depressi dove per pochi alunni al di sotto della soglia dei 600, inventata da qualche pazzo, si tagliano autonomie e se ne inventano di anno in anno delle altre con calcoli da ubriachi?
    La mobilitazione, e non solo dei docenti, è ormai  vitale! Diamoci da fare tutti!