venerdì 8 maggio 2015

La penna del Greco: IL CALCOLO DELLA GENEROSITA'

di Nino Greco
    Un altro commovente racconto inedito dell’autore del romanzo “La tana del fajetto” e delle fortunate raccolte di racconti “Mastru Peppinu e Peppineju” e “ Il mare e la quistioni meridionali”. Un altro segmento di quella storia breve che a prima vista ha le sembianze di una prova letteraria, ma che, già dopo la lettura delle prime battute, ti accorgi essere invece una pagina sofferta di vita e di grande scuola. Quella vera! (Bruno Demasi)                              


    Mia madre non aveva tempo, la campagna in estate assorbiva tutti i suoi respiri. Partiva all’alba e rientrava al tramonto.
   Mi disse: - Cercati un professore, io non so a che santo devo fare voto -
   Già, che ne sapeva lei di Matematica, di monomi e polinomi? Dovevo vedermela io, così come avevo fatto per l’iscrizione al Liceo. L’impatto con le superiori era stato decente: solo una materia da riparare. Poco bene era andata a cinque dei miei compagni: bocciati.
   Il prof. Turi non poteva impegnarsi per l’estate, c’era già uno stuolo di ripetenti in lista di attesa. Peppe, invece, fresco di laurea non intendeva rinunciare ai bagni, non voleva vincolare le sue giornate e darmi ripetizioni solo perché era amico di mio fratello. Dovevo sbrigarmela da solo e cercare qualche altra via.
   Una sera di quelle giornate di Luglio, che danno l’impressione di regalarti più tempo, pigiai il campanello di una nobile casa. Mi aprì un signore dallo sguardo dolce, due occhi neri e il sorriso poggiato sulle labbra.
- Buona sera Ingegnere- dissi con imbarazzo e soggezione.
- Buona sera- rispose, cercando in pochi attimi di capire il motivo della mia visita.
- Ingegnere, mi manda mia madre per chiedervi se date ripetizioni di Matematica, sono stato rimandato-
- Ma tu a chi appartieni?-
-Sono il figlio di Vicenzo; mio padre, ogni anno, vi vende i pomodori per la conserva, i miei tornano tardi dalla campagna e, per non disturbarvi la sera tardi, hanno mandato me-
    Il suo volto si distese ulteriormente e un sorriso mi fece capire simpatia.
-Sei stato rimandato ?- chiese,
-Sì - risposi con scorno, lui sorrise ancora.
-Vuoi imparare bene la Matematica?- incalzò.
   Dissi sì, anche perché non avrei potuto dire altro.
-Bene, allora iniziamo da lunedì - mi disse convinto- vieni alle 17,00, faremo tutto il mese di Agosto-
-Mia madre mi ha detto di chiedervi quanto costano le lezioni- posi la domanda col tatto sgalipatu di ragazzo di quattordici anni.
   L’ingegnere chiuse il sorriso, non si aspettava la mia domanda, e tentennò nella risposta. Forse non riteneva opportuno dover trattare di soldi, ma dopo qualche esitazione e mezza voce disse:
- Per tutto il mese, pressappoco, 15.000 lire - faticò a finire la frase e il tono mi fece intendere che non voleva andare oltre.
- Grazie Ingegnere, lunedì sarò qua alle 17,00 -
- Sì, porta lo Zwirner e il quaderno per vedere cosa avete fatto a scuola-
   Iniziai così, e di buona lena, a misurarmi con le incognite. Il mese di Agosto scorse via veloce, le ore dedicate alla ripetizione divennero sempre più gradevoli. Cominciavo a prendere gusto e tutto mi sembrava un gioco spassoso. Mi divertiva parecchio, forse perché non avevo i timori delle interrogazioni.
- Sai qual è il trucco?- diceva l’Ingegnere, ma non era domanda cui dovevo dare risposta. Era un suo intercalare, voleva la mia attenzione e poi sciorinava su un tappeto di semplicità tutte le sfumature che accompagnavano numeri e incognite.
   Erano gli stessi numeri e le stesse incognite che avevo visto a scuola, ma ora avevano un altro sapore, con l’Ingegnere mi sorridevano, mentre a scuola si erano rivelati antipatici.
- I numeri dicono sempre la verità- mi ripeteva l’Ingegnere – 1 vale 1 e 5 vale 5, non si scappa.
    L’ultima lezione fu carica di raccomandazioni: mi ripeté i concetti cardini su tutto ciò che avevamo fatto.
- Tu vai tranquillo, sono sicuro che farai tutte le espressioni e sarai promosso - un pizzico di compiacimento spuntò dai suoi occhi e lessi sul suo volto un leggero rammarico, forse perché non avremmo giocato più con le x.
   Tirai fuori dalla tasca i soldi che mi aveva dato mia madre, un pezzo da dieci mila e uno da cinque, arrotolati a sigaretta, li poggiai sullo scrittoio, lui mi guardò e sorridendo disse:
- Ninuzzeju, ti chiami come me, non mi devi pagare ora…eh eh! E se poi ti bocciano che facciamo?Metti i soldi in tasca e torna la sera dopo che escono i quadri cosi mi dirai il voto, poi mi pagherai.
   Rimasi stupito: “lui stesso ha detto che sarò promosso, e in ogni caso lui le lezioni le aveva date spesso con mezz’ora in più del solito”. Furono le mie riflessioni mentre tornavo a casa.
   Tornai dopo pochi giorni:
- Ingegnere, sono stato promosso con otto – gli riferii mentre ci accomodavamo nello studio dove mi aveva dato lezioni. 
   Lui sorrise:
- Ninuzzeju, non avevo dubbi. Hai studiato bene e il risultato non poteva essere che questo- era contento e continuando disse- qualche volta dovrebbero bocciare i professori.
    In quel momento non capii il senso di quella frase né mi soffermai a ragionarci. Con una buona dose d’imbarazzo poggiai di nuovo le stesse 15.000 lire sullo scrittoio, lui divenne serio le guardò e poi si volse a me:
- Non voglio essere pagato, con te mi sono divertito e mi basta questo – sorrise.
- Che farai con i soldi?- chiese, sprovandu.
- Li darò a mia madre- risposi senza indugi.
- Già….- disse, mozzando la frase che aveva in mente
- Se dovessi avere bisogno di me e di qualche spiegazione, dovrai solo bussare alla mia porta – mi poggiò la mano tra collo e spalla e ci salutammo.
   Tornai a casa di corsa con i soldi in mano. Inconsapevole che oltre alla matematica l’Ingegnere  Nino Surace mi aveva regalato anche una lezione di vita.