giovedì 25 giugno 2015

PLATI’, OMBELICO DELL’ ITALIA SPOLITICA, MA NON PER BINDI & Co.

di Bruno Demasi
   Ci stanno passando tutti o quasi tutti ormai da Platì i politici calabri. Ci arrivano in automobile con una scorta di tutto rispetto di fotografi e cronisti , ne scendono già alle prime case del paese e si dirigono almeno a piedi, non potendo affermare di esserci arrivati a dorso di mulo, verso il cuore del piccolo centro, che ormai fa tutt’uno con l’Aspromonte anche nell’immaginario collettivo. Ma il massimo della libidine sociopolitica e veteromeridionalista si raggiunge quando si visitano certe contrade o frazioni di Platì, come Senoli, e si fa scoprire al mondo che ancora nel 2015 le case non hanno l’acqua corrente.
   Ci stanno passando tanti, ma non si comprende perchè mai non ci sia passata l’ ineffabile gentildonna senese calabra ( o calabro senese che dir si voglia) Rosa Bindi, nella sua duplice veste di stagionata parlamentare devotamente fatta
eleggere in Calabria e di presidentessa della commissione antimafia, che nei giorni scorsi è tornata a miracol mostrare da queste parti producendosi in capricciose conferenze stampa in cui ha seminato patenti di legalità e di illegalità a tutti e a nessuno e ha persino osato sfidare la proverbiale pazienza dei vescovi calabri che per bocca di Mons. Nunnari , sotto un Crocifisso orridamente appeso al muro senza croce (non si capisce se per risparmio sul legno o perchè la Croce sia andata fuori moda) hanno potuto riaffermare a memoria l’enunciazione di principio mutuata da Wikipedia “- Con il Vangelo la mafia non ha nulla a che fare. Potranno avere immagini votive, potranno insinuarsi nelle processioni ma i mafiosi sono l'anti Vangelo”.
    Se poi si decide di investire, come ha fatto Ernesto Magorno attraverso Oliverio, una manciata di soldi pubblici pagati dai platiesi e dai senolesi stessi con tasse sanguinose versate allo Stato estero ubicato a Roma e da questo centellinate al governo regionale estero residente a Catanzaro, per allacciare all’acquedotto le case di Senoli, si accendono subito i fuochi d’artificio per bollare d’incuria (giustamente) secoli di falsa politica regionale alternativamente destrorsa e sinistrorsa e al mondo il prodigio dell’acqua che scaturisce dalla rupe ed arriva finalmente nelle case per dissetare le genti incapaci di presentare liste alle elezioni comunali, ma che tuttavia non si sottraggono nel loro piccolo quando si tratta di votare per le consultazioni regionali, nazionali o europee.

    Che Senoli non avesse l’acqua corrente lo sapevano benissimo tutti gli amministratori locali, provinciali e regionali della Locride, variamente colorati o colorabili, che nel tempo si sono avvicendati per far finta di governare il nulla. E sapevano anche che in una realtà come Platì e frazioni ( ma non solo lì) sarebbe stato criminale da parte dello Stato lasciare a se stessi il comune ,la scuola, i servizi sociali, la chiesa stessa a gestire il disastro del sottosviluppo sociale e dell’aborto secolare della democrazia senza mezzi di nessun genere.
    Che i riflettori stiano puntati su Platì è sicuramente un bene. Che Ernesto Magorno vanti l’iniziativa idraulica di Senoli va benissimo. Ma non vorremmo che tutto finisse qui o in altre riprese del genere per dimostrare l’indimostrabile, e cioè che la gente di Platì e comprensorio (come tanta altra gente di sperduti e meno sperduti paesi degli entroterra di Calabria) ha finalmente acquisito l’educazione alla cittadinanza e alla legalità proprio grazia alla politica, a quella politica che invece ha sempre rappresentato lo Stato lontanissimo, a quella politica che la gente ormai detesta, a quella politica che è stata spesso e volentieri maestra di illegalità e di regresso sociale.

    Il progresso di un popolo – e non bisogna scomodare i grandi meridionalisti o Gramsci stesso o gli scrittori della Locride che in merito hanno versato fiumi di inchiostro e di sangue – si registra soltanto quando nasce spontaneamente dal cuore di un popolo libero e non è somministrato dall’alto da improbabili maestri o da “sollecitatori di democrazia” di mestiere.
   Il progresso di un popolo nasce conquistandolo  con fatica quotidiana che non cerca ricompense,con il  sacrificio silenzioso di tanti e con tutte le premesse perché la cittadinanza diventi attiva e consapevole dei propri diritti e dei propri doveri.
    In caso contrario, più che di progresso reale, si tratta soltanto del gioco delle tre carte: democrazia, legalità , cittadinanza, mescolate malissimo con le carte da poker dei milioni di euro, sprecati o rubati, o con quelle disseminate di assi,  re, cavalli e fanti di bastoni che comandano sempre e comunque la briscola…