martedì 24 novembre 2015

SCIMITARRE E LUPARE :IL PRESUNTO “SCUDO NDRANGHETA” CONTRO L’ISIS

di Bruno Demasi
     La sensazione diffusa – forse diffusa anche ad arte - è che il Sud in genere, ma la Calabria in particolare, siano al sicuro dalle mire terroristiche dell’ISIS per i buoni uffici che sarebbero interposti dalla ndrangheta e per il potere di quest’ultima anche rispetto a queste aggregazioni sanguinarie. Ma quanti in Calabria vogliono ricordare che da noi c’è già da un pezzo una strage strisciante, la maggiore incidenza di omicidi rispetto a tutto il resto d’Italia con una percezione della criminalità tra le più basse della Penisola?
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       Se i dati ISTAT 2014 ( cioè gli ultimi pubblicati, riferiti al 2013) non fossero tremendamente shoccanti e inzuppati di rosso, davanti alla favola della ndrangheta che avrebbe influenza persino sull’ISIS e che proteggerebbe sia gli uomini di  buona volontà che quelli di volontà cattiva della Regione , tenendoci al riparo dalle mire del terrorismo islamico, ci potrebbe far rotolare a lungo per le risate.
     Non sappiamo quanto possano essere realistici da queste parti gli allarmi verso il pericolo Jihad e quanto possano essere strategici gli obiettivi “sensibili” calabresi in grado di destare l’interesse del terrorismo. Di certo sappiamo invece che l’ecatombe dalle nostre parti è incessante da lunghi anni, prima ancora che l’ ISIS venisse partorita dai moderni mostri politici internazionali: un lunghissimo fiume di sangue che probabilmente neanche questa creatura sanguinaria riuscirebbe a eguagliare ammesso e non concesso che si dedicasse a scrutare e a colpire la nostra regione. 

    Di certo c’è che in Calabria si uccide più che in tutte le altre regioni d'Italia con una incidenza di quattro volte superiore alla media nazionale, ma i Calabresi non percepiscono rischi dalla criminalità e nello studio “Noitalia 2015” dell’ Istat è proprio la Calabria che si colloca ampiamente al vertice dell ‘ orrenda classifica degli omicidi volontari commessi o comunque tentati, con un rapporto rispetto alla popolazione pari a 2,437 omicidi ogni 100.000 abitanti. 

    In queste Olimpiadi del crimine e del piombo, in questa gara dell'odio e del disprezzo per la vita, in cui ci collochiamo vincitori assoluti ai nastri di arrivo, addirittura la Campania è soltanto seconda ,con un rapporto di 1.32, seguita da Sicilia, Sardegna e Puglia , con valori compresi tra 1,32 e 1,09 omicidi consumati per 100 mila residenti ( Il valore più basso, dopo la Valle d’Aosta in cui non ci sono stati omicidi volontari, si registra invece co lo 0,24 in Veneto ) .
    E per comprendere quanto sia elevato ed orrendo il tasso registrabile in Calabria basta osservare il dato medio italiano che  è  appena di  0,83 omicidi volontari consumati per 100 mila abitanti. 

     In una situazione del genere ci si aspetterebbe che l'analisi della percezione della criminalità, e in particolare del fattore di sicurezza, facesse emergere l'esistenza tra i Calabresi quanto meno di un minimo di preoccupazione , ma l’altra classifica, quella riferita al livello di percezione del rischio di criminalità, presenta una Calabria che, sempre per il 2013, vede solo il 21.6% di famiglie che percepiscono il rischio criminalità contro il 40,8% del Lazio o 37.2% della Lombardia.
    Insomma nell’immaginario collettivo calabro tra abbuffate narcotizzanti di nduja o digiuni imposti dalla povertà galoppante non solo il rischio criminalità non esiste, ma è anche ridicolo preoccuparsi del terrorismo internazionale.
    Tanto – dicono - la criminalità organizzata dalle nostre parti è senz’altro più forte…!