sabato 4 febbraio 2023

Hagia Hagathè (Oppido): IL 5 FEBBRAIO, L'ENIGMA E LA STORIA


di Bruno Demasi


    A  240 anni dal fatidico 5 febbraio 1783,  drammatico spartiacque cronologico  tra i fasti dell'antica città mamertina e la faticosa ricostruzione ( mai terminata) non solo di muri e strade e case, ma soprattutto di quell'unità sociale e civile e forse anche religiosa  ancora oggi effimera, occorre dedicare almeno un momento di riflessione sul perchè di tante coincidenze, non ultima quella tra la data del terremoto e quella della festa antichissima della martire siciliana che, da tempo immemorabile, si celebra proprio nella stessa data.
   Un fatto è certo: Sant'Agata, sebbene se ne sia quasi  dimenticato anche il nome, ha legato indissolubilmente il suo culto alla Piana di Gioia Tauro e a quella città che di gran parte della Piana stessa è stata a lungo in evo bizantino capostipite e faro.
    Storiograficamente sembra proprio che per il territorio della cosiddetta Tourma delle Saline  la linea di demarcazione tra un’età nebulosa e priva di connotati chiari e una fioritura economica e sociale non indifferente sia il declino dell’anno Mille e l’inizio dell’ XI secolo. La situazione geostorica del meridione della Penisola in questi anni presenta tuttavia diverse realtà politiche in perenne conflitto tra loro: i Musulmani padroni di gran parte della Sicilia, desiderosi di espandersi in Calabria e in Campania; i Longobardi di Capua, Salerno e Benevento ; i Bizantini che governano mediante un “catepano” gran parte delle odierne Calabria, Basilicata e Puglia e celebrano i loro fastosi riti nell'odierna zona di Seminara.
    Su questo quadro si innesta all’interno del cosiddetto Tema di Calabria quella che  con parecchie semplificazioni viene definita Tourma ( o "Valle")  delle Saline da quando Andrè Guillou nel 1972 ha pubblicato 47 pergamene greche riguardanti altrettante donazioni al vescovo di  Sant'Agata (Hagia Hagathè - Oppidum) verosimilmente responsabile della tourma stessa ,articolata, a sua volta, secondo l’uso amministrativo bizantino, in Drungoi, dei quali, appare nei documenti pubblicati dal Guillou (gli unici sinora conosciuti) quello di Boutzanon (località verosimilmente coincidente grosso modo con l’attuale Castellace), centro non solo rurale, ma anche amministrativo e “politico” di un territorio geograficamente importante, tanto da essere difeso da una torre di guardia con relativi annessi (pyrgos). 
 

    Il Guillou sulla base dei documenti greci da lui attentamente analizzati, considerando anche la Cronaca di Goffredo Malaterra e non trascurando alcune tra le più autorevoli ricerche condotte da studiosi locali prima del 1970, delinea i confini della Tourma delle Saline identificandola prima con il bacino del fiume Petrace e, subito dopo, generalizzando forse un po’ troppo, con l’attuale piana di Gioia Tauro che, come si sa, per la sua estensione fino al monte Poro, oltre a comprendere orograficamente il bacino del Petrace, comprende almeno l’altro grande bacino del Mesima, che probabilmente sarebbe aleatorio inserire geograficamente nel territorio della tourma delle Saline vera e propria.
    Tornando comunque su quest’ultima e sulla sua articolazione in drungoi , si nota con ogni evidenza negli atti greci di riferimento che all’incirca nel 1044 esisteva il kastron di Oppido ricostruito (dunque preesistente) e ripopolato e il Guillou, dopo una serie di congetture giocate su fonti locali o comunque della tradizione riguardanti la stratificazione nella stessa aurea non di due , ma di tre abitati in epoche diverse, preferisce fermarsi su un dato certo documentato nel 1044: una città fortificata bizantina costituita all’interno dello stesso territorio che aveva visto il fiorire di una città greca (Mamerto), poi quello di una fortificazione romana (Oppidum), infine uno alla cui theotokos era stato dato il nome di Hagia Agathè , Sant’Agata. 
 

    I documenti pubblicati dal Guillou e le ricerche conseguenti non hanno ancora fornito i dati necessari per individuare con precisione la data di nascita del vescovado di Hagia Hagathè, ma ci consentono senz’altro di affermare che nel 1051 (data dell’atto che ne parla per primo) era già stato fondato il vescovado di cui trattasi, la cui cattedrale era stata dedicata alla Théotokos, la Gran Madre di Dio, il titolo della Santa Vergine che i padri del Concilio di Efeso avevano voluto con forza.
    Ma perché la denominazione della “nuova” città fortificata di Oppido “ Sant’Agata” ? Perchè la venerazione della martire catanese era fortemente legata a questa terra? Perchè il 5 febbraio, giorno del martirio della Santa, è diventato anche, storicamente, il giorno orribile del martirio di un'intera città, Oppidum, irrimediabilmente distrutta proprio un 5 di febbraio ( 1783) da un sisma rovinoso e sconvolgente?
    Sono tutte domande legittime e, almeno per il momento, prive di degne risposte sul piano storico-ecclesiale nonostante la miriade di cronache e di studi condotti. Possiamo però cercare di capire quanto e come il culto della martire catanese sia stato e sia ancora grande e diffuso, tanto da far pensare che chi fondò questa nuova città importantissima a livello amministrativo sulle colline aspromontane che dominano l'odierna  Piana di Gioia Tauro abbia voluto in cuor suo porla sotto la protezione di una santa molto acclamata e venerata, per sottolinearne quasi non solo l'importanza strategica sul piano civile, ma anche quella di polo di evangelizzazione per una terra che ancora disconosceva in gran parte l'annuncio evangelico.
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    Il martirio di Sant’Agata, oltre a testimoniare come a Catania sicuramente dal III secolo esistesse una comunità cristiana , per l' immediata diffusione del suo culto dopo la sua morte, non solo in città, ma anche fuori dal territorio etneo ci riporta a qualcosa di straordinario. Si ricorda a tal proposito anche l’iscrizione rinvenuta ad Ustica (Palermo), databile alla fine del III secolo dove si accenna ad una persona morta "il giorno di Agata". Circa la diffusione immediata anche in oriente interessante è la testimonianza di Metodio, Vescovo di Olimpo in Licia, morto nel 311 che nella sua opera “Simposium” fa riferimento ad Agata presentando la sua vita come modello di vita cristiana.
    La storia primitiva della chiesa di Catania registra al tempo della persecuzione di Decio nel 251 il martirio della vergine Agata. La martire viene non a caso segnata nel martirologio geronimiano e nel sinassario costantinopolitano e la sua fama diviene presto vastissima, tanto che già nel V secolo si erigono chiese in suo onore in Roma oltre che in tutta la Sicilia e in tutto il Meridione d' Italia...


      Un rapido excursus sulla diffusione del culto di Sant'Agata ci fa scoprire che in Italia la martire è patrona di 44 comuni, dei quali 14 portano il suo nome. Il titolo più antico di patrona lo detiene Catania. Qui la devozione è ovviamente più profondamente radicata e il nome di Agata, invocato a gran voce, implorato, glo­rificato, riecheggia quasi sempre nella storia della città. 
 

    All'estero sant'Agata è compatrona della Repubblica di San Marino e di Rabat, a Malta, dove una tradizione locale vuo­le che Agata si fosse rifugiata durante le per­secuzioni di Decio.  In Spagna Agata è la patrona di Villalba del Alcor, in Andalusia, dove esiste un simulacro ri­vestito di preziosi broccati. Sant'Agata è ve­nerata anche a Jeria, in provincia di Valencia, mentre a Barcellona le è stata dedicata la cap­pella del Palazzo reale, dove i re cattolici rice­vettero Cristoforo Colombo di ritorno dalla scoperta dell'America.  In Portogallo sant'Agata (in portoghese Agueda) è patrona di una cittadina che porta il suo nome, nella provincia di Coim­bra. In Germania è patrona di Aschaffemburg. In Francia molte sono le località sotto il pa­tronato di Agata: a Le Fournet, una città im­mersa nei boschi della Normandia, nel cui stemma cittadino, in onore della santa, sono raffi­gurate la palma, simbolo del martirio, e la te­naglia, strumento con cui venne torturata. In Grecia molte località portano il nome di Aga­ta e la santa si invoca per scongiurare i pericoli delle tempeste. In Argentina, dove è la protettrice dei vigili del fuoco, le è stata dedicata la cattedrale di Buenos Aires. In diversi altri punti del piane­ta ci sono luoghi di venerazione agatini, persino in America, dove esistono una Sainte Agathe des Monts nel Québec e una Sainte Agathe en Monitoba presso Winnipeg, in Canada. Ma an­che in India, a Viayawala, c'è un santuario a lei dedicato. 

    Stabilire comunque in modo esatto quanti sono in tutto il mon­do i luoghi di culto e i devoti di sant'Agata è un'impresa forse impossibile. A noi bastano però queste scarne notizie non certo per riempirci di stupido orgoglio se la nostra città primigenia era dedicata a questa Santa, ma per sentirci forse meno provinciali e un po' di più segmento di una cristianità amplissima che si sforza realmente di annunciare il Vangelo con la vita, come forse avveniva su queste terre già più di un millennio fa, come sicuramente non sempre  avviene oggi nel marasma ideologico e sociale in cui ormai viviamo.