sabato 31 marzo 2018

FOLCLORE VECCHIO E NUOVO, MA UNA SOLA RESURREZIONE!

di Bruno Demasi
    Mi ha fatto molto riflettere la fresca e intelligente preghiera che al termine di un'omelia, qualche giorno fa, un vecchio sacerdote ha espresso ad alta voce augurandosi che il folclore non soffocasse lo spirito e le funzioni pasquali, non tanto il folclore popolare e antico, quanto quello moderno costituito dalle mille ridondanze pseudoliturgiche inventate ogni anno in maniera sempre più prolifica in certe chiese locali.
   In effetti il folclore popolare  antico tipico del periodo pasquale, almeno sull'Aspromonte, è stato brutalmente spazzato via  vuoi dalla lotta iconoclasta condotta animosamente da tanti settori ecclesiali contro tutto ciò che , secondo loro, non sapeva di "cristianesimo adulto", vuoi anche dalle recenti disposizioni dell'episcopato calabro che, incalzato dai media, ha preteso di disciplinare fin nelle virgole le feste popolari, tanto da renderle in certi casi solo le parodie di se stesse.
   E tuttavia, per una strana legge del contrappasso, nel momento stesso in cui si fa piazza pulita di vecchie consuetudini popolari, specialmente quando le stesse puzzano vagamente di illegalità o di ossequio alla mentalità ndranghetistica, viene spontaneo crearne delle altre che non sempre sono migliori di quelle abbandonate.
   Nascono così nuove forme di folclore non già nella liturgia ecclesiale, che deve comunque restare fedele a se stessa, quanto nei modi e soprattutto nei tempi di esplicazione. Sicchè liturgie, per loro natura sobrie e asciutte, diventano ridondanti e immaginifiche, lunghissime, estenuanti, fatte più per stancare e asfissiare il popolo di Dio che per avvicinarlo al mistero della Santa Pasqua. E al centro di esse tanto esibizionismo vanesio, tanta esplosione di costumi, di pennacchi e  mantelli, tanta fantasmagoria di parole e di omelie improbabili che rischiano di far perdere il cuore del Kerigma dietro ragionamenti contorti e inconcludenti e parossismi verbali da palcoscenico.

   Il problema ovviamente non è solo locale: probabilmente tra le varie confessioni cristiane, quella Cattolica Romana si distingue per il catalogo infinito di devozioni, consuetudini, riti lasciati più alla scelta della singola chiesa locale o della singola parrocchia che non a una condivisa  visione del fatto di Fede incarnato nella storia locale e quotidiana e in una liturgia veramente unitaria.
   Hai mai visto nella chiesa cattolica di rito greco, in quella ortodossa, nelle confessioni protestanti (per non parlare di altre confessioni e di altre religioni) una molteplicità tanto abnorme di atti ed esercizi  “devozionali”, di “stili” e liturgie quanti ne esistono invece nelle nostre chiese locali – e persino all’interno dei movimenti ecclesiali riconosciuti dalla Chiesa - dove si continuano a sovrapporre ai riti e alle devozioni tradizionali nuovi riti e nuove devozioni, quasi che la rottamazione e la “purificazione” del “vecchio” dovesse necessariamente andare di pari passo con le sovrapposizioni   di devozioni e di riti nuovi o riciclati?
    E’ questa la ricerca tanto decantata dell’ unità dei cattolici? E’ questa la semplicità dell’annuncio che chiama o riavvicina a Dio? E’ questa la buona Chiesa di Cristo? Quella che ne celebra quotidianamente la Resurrezione, senza la quale, come afferma Paolo di Tarso, vana sarebbe la nostra fede? O non si tratta di una chiesa non solo orribilmente divisa in sé, ma anche  frazionata in mille chiese, in mille azioni liturgiche o devozionali non sempre convergenti e spesso lasciate all’arbitrio e agli umori dei più o dei più potenti?
   E’ veramente questa , affaccendata e persa in mille azioni mistagogiche, la Chiesa delle beatitudini, dei semplici e dei puri di cuore che, grazie ad Essa, vorrebbero incontrare Dio nella loro vita senza la mediazione di orpelli ,ori,  fiumi di parole o d' inchiostro o, peggio,  prodigi?
   Ed è questa la Chiesa di Cristo che anche  per le sue “semplici” azioni quotidiane ha bisogno di direttori, di istruzioni meticolose , di dosaggi e posologie, la cui responsabilità di applicazione  in ultima analisi viene lasciata - com'è giusto - ai singoli parroci, i quali però lamentano di essere soli  soltanto quando devono assumersi le loro responsabilità, ma quasi mai promuovono o accettano gli ausili  che potrebbero dare loro quei consigli pastorali parrocchiali  da loro stessi accuratamente evitati?
   Quanta atroce distanza tra le nostre misere beghe quotidiane e la Chiesa dei martiri che ancora in queste ore continuano a versare il loro sangue per mano di chi in odio alla Fede riempie di cadaveri i monti calvari  del Kenia, della Siria, della Libia e di tutto il mondo ( e che è simboleggiata nell' icona di apertura  che illustra questo post)!
   Quanta distanza paurosa tra le nostre piccole beghe quotidiane e la Chiesa dei sacerdoti e degli umili e dei coraggiosi , vittime della mafia e di ogni quotidiano oltraggio alla Verità, alla Giustizia e al Bene comune!
   Quanta distanza da quella semplicità di cuore che , almeno a parole, tutti vorremmo avere e attraverso i cui occhi è possibile senz’altro vedere Dio.
                    Buona Pasqua a tutti...nessuno escluso!

sabato 17 marzo 2018

IL PAESE DOVE SI LAVORA MOLTO DI MENO E SI GIOCA MOLTO DI PIU’

      di Bruno Demasi

      C’è un territorio abitato da circa mezzo milione di fortunati che ormai tutti i tour operator di un quarto di pianeta pubblicizzano come il paese della cuccagna dove si lavora pochissimo e si gioca moltissimo. Si tratta dell’intera provincia di Reggio Calabria che quei buontemponi del Sole 24 ore, evidentemente ubriachi, recentemente hanno collocato al 92° posto per qualità della vita sul totale delle 107 province italiche. Una pubblicità nefasta e ingiusta che – meno male – i tanti Lucignolo del turismo di massa e della politica stanno giustamente mettendo a posto invitando in questa terra non solo turisti e curiosi, ma anche capi di stato esteri, sociologi, politologi, addetti al welfare, amministratori esperti di briscola e di scopone scientifico per imparare in loco come si può trasformare dal nulla una provincia intera nel paese dei balocchi e dei brillocchi che sovrabbondano ormai in tutte le vetrine e al collo, alle orecchie, alle caviglie, ai polsi e persino ai nasi di tutte le donne che popolano questo paradiso. 
     In questo territorio benedetto da Dio, in barba alla recente propaganda elettorale dei partiti ancora annidati dentro palazzo Chigi a Roma, che vorrebbero in netta ripresa l’occupazione, nel 2017, secondo quanto affermato in questi giorni da “Gazzetta del Sud” (quotidiano da sempre esperto di tutti i salivosi linguaggi filogovernativi ) sono stati invece più di mille i posti di lavoro scomparsi. E ci mancherebbe altro! La lotta alle bieche politiche occupazionali che vorrebbero prostrare le persone pancia e culo a terra per lavorare e consumare la loro esistenza nella fatica quotidiana deve continuare più che mai. E mai si dica che nella provincia di Reggio Calabria non si lasci nulla di intentato per demolire la tentazione di creare lavoro malgrado la vergognosa resistenza di alcune decine di partite I.V.A. incredibilmente ancora aperte dopo la chiusura di migliaia e migliaia di questi nefasti simboli di quella imprenditoria con  cui si rischierebbe di distruggere la felicità e la libertà delle persone.
    Si pensi invece alle cose belle di questo territorio, alle sue siepi verdeggianti sui marciapiedi di città e di paese, alle sue delicate voragini che rendono armonioso tutto il paesaggio viario urbano ed extraurbano, alle sue meravigliose architetture postsismiche, ma soprattutto al suo invidiabilissimo primato di essere al secondo posto in Italia per numero di slot machine istallate: 8,76 per ogni mille abitanti, neonati e galline compresi. Si pensi con commozione all’altro grandissimo primato delle giocate più alte che nessuno riesce ad eguagliarci: in media quasi 700 euro per abitante, lattanti e ultraottantenni compresi. 
     Si pensi al numero dei bar, delle tabaccherie, delle sale scommesse che la fertile terra della nostra provincia sta facendo fiorire giorno per giorno e che ormai dilagano dovunque garantendo alla felice gente di questa  terra di deliziarsi in ogni momento con l’ebbrezza dl gioco, sicuramente impagabile, specialmente da parte dei più piccoli, dediti ormai all’arte sopraffina del furto che serve a finanziare il saldo dei debiti e il rilancio delle giocate permesse dal nostro Stato, anzi incoraggiate negli ultimi anni con il doveroso condono dell’iniqua tassazione che avrebbe potuto colpire i  generosi possessori e gestori di slot e di centri scommesse.
    Per non parlare dei risvolti altamente educativi non solo dei furti e delle rapine in cui i giovani vanno ad esercitare tutte le personali virtù di destrezza e abilità, ma soprattutto delle lunghe ore dedicate al gioco all’interno delle graziose e profumate sale ormai esistenti in ogni quartiere dove financo i più piccoli, persino gli alunni di scuola media ed elementare, liberati finalmente a cura degli intelligenti genitori dell’odioso gravame di restare anche il pomeriggio a scuola, possono dedicarsi alla fine arte del gioco d’azzardo sotto gli occhi compiaciuti dei nostri politici commossi e increduli di aver potuto creare in un tempo relativamente breve un così grande paradiso ormai invidiato da tutti.